Nel precedente post sui Masnadieri avevo volutamente inserito un commento-esca, fatto apposta per la mia (e)neoceltica preda. La quale, conformemente alla sua natura, mi ha risposto con un Fiume di parole.
Sarebbe tedioso argomentare con contro-discorsi generici su alimentazione e animali da carne, quindi mi limiterò ad analizzare proprio la risposta dell’(e)neocelta, cercando di capire cosa dica.
L’(e)neocelta ha detto:
"Il vegetarianesimo da un punto di vista etico è una scelta personale, di sensibilità (diversa, non maggiore o minore) e (come tu la definiresti) "religiosa", ma ha un valore oggettivo dal punto di vista salutistico ed ambientale".
Dato che egli stesso ha ammesso ciò, l’unica parte interessante della discussione è quindi il (presunto) valore OGGETTIVO del vegetarianesimo. Andiamo avanti, per vedere se il nostro amico neofitofago riesce ad argomentarlo in maniera OGGETTIVA.
L’(e)neocelta ha detto:
"1) l'incidenza di tumori, soprattutto intestinali, e attacchi cardiaci nei vegetariani è molto inferiore (dell'ordine del 60% per i primi, mentre i secondi sono rarissimi) a quella riscontrata negli onnivoro-carnivori. Certo, ci sono molti altri fattori in gioco per queste malattie, ma comunque il dato fa riflettere (e comunque secondo l'istituto dei tumori, l'alimentazione conta al 35%)".
Questo è il classico esempio di strumentalizzazione dei numeri al fine di dare una credibilità oggettiva ad una tesi. Dato che i vegetariani sono una minima frazione dei non-vegetariani, non è prudente fare confronti tra i diversi valori di incidenza tumorale, e, sopratutto, non sarebbe giustificato fare una semplice relazione causa-effetto. Mi spiego: se saltasse fuori che in media i vegetariani sono del 15% più alti degli altri, hanno una percentuale di laureati più alta rispetto alla media, hanno una più bassa probabilità di essere single, allora ciò dovrebbe significare che la dieta vegetariana fa diventare più alti, più laureati, e più accoppiati? Ovviamente no. Dato che è molto probabile che i vegetariani non siano distribuiti uniformemente nella società ma siano più diffusi in ceti colti, di "classe borghese" ed a reddito medio-alto, si può facilmente vedere che allora avranno una maggiore probabilità di essere stati ben nutriti da piccoli (e quindi essere statisticamente più alti, perché spesso la malnutrizione rallenta la crescita), aver avuto maggiori possibilità di studiare, di essere diventati più sensibili verso la propria salute (e quindi di aver maggiori probabilità di prevenirsi dai tumori), e forse anche di trovare un partner (tra vegetariani, ovviamente... brutta battuta!). Quindi: la statistica non dimostra nulla: non dice né dimostra che le cause e gli effetti sono quelli che l’(e)neocelta vuole imporre.
Egli continua:
"L'intestino umano non è lungo come quello degli erbivori (a parte che un vegetariano non pretende di digerire qualsiasi foglia al mondo e la cellulosa, ma tanti cereali, legumi, uova, tanta frutta e la più svariata verdura) ma nemmeno corto come quello dei carnivori."
Appunto, il nostro è un intestino da onnivoro: argomentare che l’intestino è mal strutturato per la dieta solo carnivora è corretto, ma allora perché poi contraddirsi diventando solo vegetariani?
L’(e)neocelta prosegue:
"La carne morta (uccisa o per causa naturale) presenta tossine e quindi per essere utilizzata come cibo si deve avere un intestino capace di filtrarne il nutrimento velocemente e liberarsi dello scarto e delle tossine prima possibile... il nostro intestino è mediamente tre-quattro volte troppo lungo rispetto a quello di un carnivoro".
Questa frase è tutta falsa. Primo: la carne "morta" presenta tossine se è in avanzato stato di decomposizione, ma esse non sono parte integrante della carne nell’atto di essere prodotta; la carne fresca e ben conservata non ha tossine. Inoltre, ed è inutile ricordarlo, la maggioranza delle carni mangiate è cotta o deriva da processi di cottura, che la rendono più digeribile ed eliminano i parassiti. Il discorso (e)neoceltico è quindi scorretto (o peggio, distorto: dalle parole che usa è evidente che per lui "carne" è sinonimo di "morte" e non di "nutrimento"). L’intestino dei carnivori non è "più corto" per assimilare prima, piuttosto, è quello degli erbivori che deve essere più lungo per assimilare meglio la materia vegetale (che è più povera della carne in nutrienti). Da dove salta fuori questa falsità delle "tossine" della carne? Se ne deve dedurre che anche le nostre carni hanno al loro interno delle tossine? Assurdo. Oppure, probabilmente, questa favola è stata inventata come analogia negativa (in contrapposizione a quanto accade negli erbivori): per controbilanciare il fatto che l’intestino allungato degli erbivori sia lungo per un adattamento, allora si deve assumere erroneamente che quello dei carnivori sia corto per qualche (fantomatico) adattamento? In realtà è corto solo perché per la carne va bene di quella lunghezza e non serve allungarlo.
Dato che l’argomentazione strettamente alimentare è fallimentare (ovvero, l’uomo è onnivoro morfologicamente e fisiologicamente, quindi sia carnivoria stretta sia vegetarianesimo sono potenzialmente dannosi per l’organismo umano), l’(e)neocelta abbandona un terreno debole e passa a discorrere di socio-politica (una scienza poco OGGETTIVA, a dispetto dell’obiettivo iniziale dell’(e)neocelta di argomentare oggettivamente il vegetarianesimo).
Seguiamo il suo discorso.
"Dal punto di vista ambientale sai meglio di me quanto terreno e acqua vengono adibiti alla produzione di cibo per l'alimentazione di animali in batteria (questo è la vera crudeltà massima, immagina un maiale tenuto al buio tutta la vita in uno spazio ristrettissimo...peggio ancora per i teropodi... ne avevamo già parlato e credo tu sia d'accordo) e non al pascolo (nel caso del maiale un pascolo al limitare di un bel bosco dove si trovano querce, noccioli, radici e tuberi) o in condizioni che rispettino i loro bisogni fisiologici-biologici-comportamentali di nutrizione, socialità, interazione con l'ambiente esterno e deambulazione."
Per il ciclo: "E allora?". Retorica degna di considerazione, peccato che non sia pertinente con il tema che si vuole sostenere. Questo discorso non ha niente a che vedere con la scelta del vegetarianesimo, e non si capisce come potrebbero essere legati. Ovvero: la condizione degli animali allevati non è un problema che si risolve diventando vegetariani (in quel caso TUTTI gli animali domestici verrebbero semplicemente fatti sparire, dato che sarebbero inutili... buffo: in un mondo vegetariano non ci sarebbe spazio per le povere mucche, capre, pecore e maiali... e se qualcuno sia azzarda a dire che in quel caso si potrebbero liberare in natura, allora non ha capito cosa sia un animale domestico). Riconosco che il modo con cui alleviamo è un problema serio, ma ciò non è collegato per niente con l’essere vegetariani: ad esempio, io amo la carne e sono (come molti altri "mangiacarne") favorevole a qualunque politica che migliori la vita degli animali allevati. Trovo miope ed arrogante il credere che solo i vegetariani siano "amici" degli animali, o che solo il modo di vivere vegetariano aiuti gli animali allevati (quest’ultimo collegamento è implicito negli ossessivi e pedanti discorsi fatti dai vegetariani su allevamenti vs. vegetarianesimo, nei quali tendono ad una retorica di "auto-proclamati" paladini unici della fauna). Ripeto: i due problemi non hanno nulla in comune, ed è pretestuoso collegarli.
Analogamente il seguito: l’(e)neocelta cita cifre e numeri senza fornire la fonte o il metodo col quale sono stati elaborati, quindi quelli valgono in base a quanto uno li accetta a priori (esattamente come le stime di sopra sui tumori). Ma, sopratutto, tutto il discorso sul confronto tra l’agricoltura "padana" e quella "maremmana" NON HA NIENTE A CHE VEDERE COL VEGETARIANESIMO! Con quale criterio di coerenza si mette a esaltare gli allevamenti maremmani (che producono CARNE: animali da ABBATTERE, MACELLARE E MANGIARE) dopo che ha parlato di rifiuto (per principio!) della carne? Anche in questo caso, caro (e)neocelta, il tuo discorso non è logico, né oggettivo: è solo una lunga retorica molto emotiva sul valore dell’agricoltura tradizionale (argomento che in parte condivido, anche se, ripeto, non è per niente connesso alla scelta vegetariana): NON A CASO L’ASSOCIAZIONE DEI MASNADIERI (che tu sembri criticare alla fine del tuo commento) IN VERITA’ SI PONE PROPRIO QUESTO OBIETTIVO (LA VALORIZZAZIONE DELL’AGRO-GASTRONOMIA TRADIZIONALE RISPETTO AI NUOVI MODELLI): VAI A VEDERE IL LORO SITO, E SOPRATUTTO, IL LORO STATUTO: IL VECCHIO (E)NEOCELTA CARNIVORO-TRADIZIONALE DI UNA VOLTA SI SAREBBE DICHIARATO SICURAMENTE UN SOSTENITORE DEL PENSIERO MASNADIERO!
In conclusione:
L’argomentazione dell’(e)neocelta sul vegetarianesimo non regge nella parte che si dichiarava "oggettiva". Cita correlazioni non provate e facilmente interpretabili in modi alternativi, e si contraddice criticando la carnivoria sulla base dell’anatomia onnivora dell’uomo ma poi dimenticando che lo stesso discorso si può fare per la dieta vegetariana.
Quando passa alle motivazioni "sociali" e "politiche" del vegetarianesimo, parla di attività che potrebbero essere svolte, promosse e sostenute anche dagli onnivori (come me), quindi, nel dire ciò, egli non giustifica il vegetarianesimo come soluzione oggettiva, ma solo come alternativa tra tante, quindi come soggettiva. Pertanto, dalle sue parole è evidente che non esiste alcun "valore oggettivo" nel vegetarianesimo: esso è una scelta esclusivamente soggettiva, e cercare di trovargli delle giustificazioni di merito è solamente un’ingenua limitazione della capacità di valutazione, o peggio, un’ipocrita favola imbastita per attirare persone di buona volontà.
A questo proposito, vorrei far notare a tutti quei vegetariani che giustamente criticano il maltrattamento degli animali o sono favorevoli ad un miglioramento degli allevamenti che:
Primo: Non siete i soli a pensarlo.
Secondo: Non è boicottando la carne che salverete gli animali: il boicottaggio individuale è solo una facile scappatoia per mettersi il cuore in pace e per sentirsi "a posto" nei confronti delle proprie intime contraddizioni: perché allora non boicottate i medicinali (che devono essere testati tutti -per legge- sugli animali... almeno finché non si potrà sperimentare su tessuti umani clonati... ma questo è un altro problema) e abbandonate tutte le care ed utili tecnologie inquinanti (veicoli, fonti energetiche, detersivi, cosmetici, saponi ecc...)? Sento molta ingenuità (spero) e ipocrisia (temo) in tutti quelli che sputano solo su metà del piatto in cui mangiano.
Commento: Se proprio si vuole migliorare un problema a cui si tiene, l’unica soluzione vincente ed efficace è una graduale azione di politica seria, finalizzata al medio e lungo termine a risolvere i problemi etici e sociali derivanti dalla necessità di produrre cibo. Concordo che si possono migliorare molte cose e ridurre moltissimi sprechi, ma ciò si attua con una corretta educazione al valore del cibo e degli animali, con un dialogo aperto e sensibile con coloro che non sono vegetariani. E ciò non per un buonismo volto ad accontentare tutti un poco, ma perché solo una politica concertata e condivisa può far progredire la società comune (senza strascichi e rancori): fintanto che ci sarà il muro contro muro (tra vegetariani che vedono gli allevatori come nazisti e gli allevatori che si sentono assediati e quindi rifiuteranno a muso duro qualsiasi proposta di dialogo) non si risolverà nulla. Ovvero, per l’ennesima volta, si progredirà solo con la rinuncia ad una Verità Precostituita (quella dei vegetariani che si credono la Soluzione, ma anche quella di chi non riconosce nel miglioramento delle condizioni di allevamento una possibilità di sviluppo e benessere Umano).
Parentesi: Nel post sui masnadieri, io non ho detto che voglio l’estinzione dei vegetariani, bensì del vegetarianesimo (così come auspicherei l’estinzione di qualunque altra "religione" tendenzialmente fondamentalista, non certo delle persone che credono in quelle idee): non imporrei mai ad un vegetariano di abbandonare la sua fede, ma confido che ragioni sulle sue azioni e, sopratutto, non imponga ai suoi figli in età di sviluppo delle pericolose limitazioni alla dieta. Il resto è libertà di scelta tra adulti.
Questo è il pensiero del Demiurgo.
Sarebbe tedioso argomentare con contro-discorsi generici su alimentazione e animali da carne, quindi mi limiterò ad analizzare proprio la risposta dell’(e)neocelta, cercando di capire cosa dica.
L’(e)neocelta ha detto:
"Il vegetarianesimo da un punto di vista etico è una scelta personale, di sensibilità (diversa, non maggiore o minore) e (come tu la definiresti) "religiosa", ma ha un valore oggettivo dal punto di vista salutistico ed ambientale".
Dato che egli stesso ha ammesso ciò, l’unica parte interessante della discussione è quindi il (presunto) valore OGGETTIVO del vegetarianesimo. Andiamo avanti, per vedere se il nostro amico neofitofago riesce ad argomentarlo in maniera OGGETTIVA.
L’(e)neocelta ha detto:
"1) l'incidenza di tumori, soprattutto intestinali, e attacchi cardiaci nei vegetariani è molto inferiore (dell'ordine del 60% per i primi, mentre i secondi sono rarissimi) a quella riscontrata negli onnivoro-carnivori. Certo, ci sono molti altri fattori in gioco per queste malattie, ma comunque il dato fa riflettere (e comunque secondo l'istituto dei tumori, l'alimentazione conta al 35%)".
Questo è il classico esempio di strumentalizzazione dei numeri al fine di dare una credibilità oggettiva ad una tesi. Dato che i vegetariani sono una minima frazione dei non-vegetariani, non è prudente fare confronti tra i diversi valori di incidenza tumorale, e, sopratutto, non sarebbe giustificato fare una semplice relazione causa-effetto. Mi spiego: se saltasse fuori che in media i vegetariani sono del 15% più alti degli altri, hanno una percentuale di laureati più alta rispetto alla media, hanno una più bassa probabilità di essere single, allora ciò dovrebbe significare che la dieta vegetariana fa diventare più alti, più laureati, e più accoppiati? Ovviamente no. Dato che è molto probabile che i vegetariani non siano distribuiti uniformemente nella società ma siano più diffusi in ceti colti, di "classe borghese" ed a reddito medio-alto, si può facilmente vedere che allora avranno una maggiore probabilità di essere stati ben nutriti da piccoli (e quindi essere statisticamente più alti, perché spesso la malnutrizione rallenta la crescita), aver avuto maggiori possibilità di studiare, di essere diventati più sensibili verso la propria salute (e quindi di aver maggiori probabilità di prevenirsi dai tumori), e forse anche di trovare un partner (tra vegetariani, ovviamente... brutta battuta!). Quindi: la statistica non dimostra nulla: non dice né dimostra che le cause e gli effetti sono quelli che l’(e)neocelta vuole imporre.
Egli continua:
"L'intestino umano non è lungo come quello degli erbivori (a parte che un vegetariano non pretende di digerire qualsiasi foglia al mondo e la cellulosa, ma tanti cereali, legumi, uova, tanta frutta e la più svariata verdura) ma nemmeno corto come quello dei carnivori."
Appunto, il nostro è un intestino da onnivoro: argomentare che l’intestino è mal strutturato per la dieta solo carnivora è corretto, ma allora perché poi contraddirsi diventando solo vegetariani?
L’(e)neocelta prosegue:
"La carne morta (uccisa o per causa naturale) presenta tossine e quindi per essere utilizzata come cibo si deve avere un intestino capace di filtrarne il nutrimento velocemente e liberarsi dello scarto e delle tossine prima possibile... il nostro intestino è mediamente tre-quattro volte troppo lungo rispetto a quello di un carnivoro".
Questa frase è tutta falsa. Primo: la carne "morta" presenta tossine se è in avanzato stato di decomposizione, ma esse non sono parte integrante della carne nell’atto di essere prodotta; la carne fresca e ben conservata non ha tossine. Inoltre, ed è inutile ricordarlo, la maggioranza delle carni mangiate è cotta o deriva da processi di cottura, che la rendono più digeribile ed eliminano i parassiti. Il discorso (e)neoceltico è quindi scorretto (o peggio, distorto: dalle parole che usa è evidente che per lui "carne" è sinonimo di "morte" e non di "nutrimento"). L’intestino dei carnivori non è "più corto" per assimilare prima, piuttosto, è quello degli erbivori che deve essere più lungo per assimilare meglio la materia vegetale (che è più povera della carne in nutrienti). Da dove salta fuori questa falsità delle "tossine" della carne? Se ne deve dedurre che anche le nostre carni hanno al loro interno delle tossine? Assurdo. Oppure, probabilmente, questa favola è stata inventata come analogia negativa (in contrapposizione a quanto accade negli erbivori): per controbilanciare il fatto che l’intestino allungato degli erbivori sia lungo per un adattamento, allora si deve assumere erroneamente che quello dei carnivori sia corto per qualche (fantomatico) adattamento? In realtà è corto solo perché per la carne va bene di quella lunghezza e non serve allungarlo.
Dato che l’argomentazione strettamente alimentare è fallimentare (ovvero, l’uomo è onnivoro morfologicamente e fisiologicamente, quindi sia carnivoria stretta sia vegetarianesimo sono potenzialmente dannosi per l’organismo umano), l’(e)neocelta abbandona un terreno debole e passa a discorrere di socio-politica (una scienza poco OGGETTIVA, a dispetto dell’obiettivo iniziale dell’(e)neocelta di argomentare oggettivamente il vegetarianesimo).
Seguiamo il suo discorso.
"Dal punto di vista ambientale sai meglio di me quanto terreno e acqua vengono adibiti alla produzione di cibo per l'alimentazione di animali in batteria (questo è la vera crudeltà massima, immagina un maiale tenuto al buio tutta la vita in uno spazio ristrettissimo...peggio ancora per i teropodi... ne avevamo già parlato e credo tu sia d'accordo) e non al pascolo (nel caso del maiale un pascolo al limitare di un bel bosco dove si trovano querce, noccioli, radici e tuberi) o in condizioni che rispettino i loro bisogni fisiologici-biologici-comportamentali di nutrizione, socialità, interazione con l'ambiente esterno e deambulazione."
Per il ciclo: "E allora?". Retorica degna di considerazione, peccato che non sia pertinente con il tema che si vuole sostenere. Questo discorso non ha niente a che vedere con la scelta del vegetarianesimo, e non si capisce come potrebbero essere legati. Ovvero: la condizione degli animali allevati non è un problema che si risolve diventando vegetariani (in quel caso TUTTI gli animali domestici verrebbero semplicemente fatti sparire, dato che sarebbero inutili... buffo: in un mondo vegetariano non ci sarebbe spazio per le povere mucche, capre, pecore e maiali... e se qualcuno sia azzarda a dire che in quel caso si potrebbero liberare in natura, allora non ha capito cosa sia un animale domestico). Riconosco che il modo con cui alleviamo è un problema serio, ma ciò non è collegato per niente con l’essere vegetariani: ad esempio, io amo la carne e sono (come molti altri "mangiacarne") favorevole a qualunque politica che migliori la vita degli animali allevati. Trovo miope ed arrogante il credere che solo i vegetariani siano "amici" degli animali, o che solo il modo di vivere vegetariano aiuti gli animali allevati (quest’ultimo collegamento è implicito negli ossessivi e pedanti discorsi fatti dai vegetariani su allevamenti vs. vegetarianesimo, nei quali tendono ad una retorica di "auto-proclamati" paladini unici della fauna). Ripeto: i due problemi non hanno nulla in comune, ed è pretestuoso collegarli.
Analogamente il seguito: l’(e)neocelta cita cifre e numeri senza fornire la fonte o il metodo col quale sono stati elaborati, quindi quelli valgono in base a quanto uno li accetta a priori (esattamente come le stime di sopra sui tumori). Ma, sopratutto, tutto il discorso sul confronto tra l’agricoltura "padana" e quella "maremmana" NON HA NIENTE A CHE VEDERE COL VEGETARIANESIMO! Con quale criterio di coerenza si mette a esaltare gli allevamenti maremmani (che producono CARNE: animali da ABBATTERE, MACELLARE E MANGIARE) dopo che ha parlato di rifiuto (per principio!) della carne? Anche in questo caso, caro (e)neocelta, il tuo discorso non è logico, né oggettivo: è solo una lunga retorica molto emotiva sul valore dell’agricoltura tradizionale (argomento che in parte condivido, anche se, ripeto, non è per niente connesso alla scelta vegetariana): NON A CASO L’ASSOCIAZIONE DEI MASNADIERI (che tu sembri criticare alla fine del tuo commento) IN VERITA’ SI PONE PROPRIO QUESTO OBIETTIVO (LA VALORIZZAZIONE DELL’AGRO-GASTRONOMIA TRADIZIONALE RISPETTO AI NUOVI MODELLI): VAI A VEDERE IL LORO SITO, E SOPRATUTTO, IL LORO STATUTO: IL VECCHIO (E)NEOCELTA CARNIVORO-TRADIZIONALE DI UNA VOLTA SI SAREBBE DICHIARATO SICURAMENTE UN SOSTENITORE DEL PENSIERO MASNADIERO!
In conclusione:
L’argomentazione dell’(e)neocelta sul vegetarianesimo non regge nella parte che si dichiarava "oggettiva". Cita correlazioni non provate e facilmente interpretabili in modi alternativi, e si contraddice criticando la carnivoria sulla base dell’anatomia onnivora dell’uomo ma poi dimenticando che lo stesso discorso si può fare per la dieta vegetariana.
Quando passa alle motivazioni "sociali" e "politiche" del vegetarianesimo, parla di attività che potrebbero essere svolte, promosse e sostenute anche dagli onnivori (come me), quindi, nel dire ciò, egli non giustifica il vegetarianesimo come soluzione oggettiva, ma solo come alternativa tra tante, quindi come soggettiva. Pertanto, dalle sue parole è evidente che non esiste alcun "valore oggettivo" nel vegetarianesimo: esso è una scelta esclusivamente soggettiva, e cercare di trovargli delle giustificazioni di merito è solamente un’ingenua limitazione della capacità di valutazione, o peggio, un’ipocrita favola imbastita per attirare persone di buona volontà.
A questo proposito, vorrei far notare a tutti quei vegetariani che giustamente criticano il maltrattamento degli animali o sono favorevoli ad un miglioramento degli allevamenti che:
Primo: Non siete i soli a pensarlo.
Secondo: Non è boicottando la carne che salverete gli animali: il boicottaggio individuale è solo una facile scappatoia per mettersi il cuore in pace e per sentirsi "a posto" nei confronti delle proprie intime contraddizioni: perché allora non boicottate i medicinali (che devono essere testati tutti -per legge- sugli animali... almeno finché non si potrà sperimentare su tessuti umani clonati... ma questo è un altro problema) e abbandonate tutte le care ed utili tecnologie inquinanti (veicoli, fonti energetiche, detersivi, cosmetici, saponi ecc...)? Sento molta ingenuità (spero) e ipocrisia (temo) in tutti quelli che sputano solo su metà del piatto in cui mangiano.
Commento: Se proprio si vuole migliorare un problema a cui si tiene, l’unica soluzione vincente ed efficace è una graduale azione di politica seria, finalizzata al medio e lungo termine a risolvere i problemi etici e sociali derivanti dalla necessità di produrre cibo. Concordo che si possono migliorare molte cose e ridurre moltissimi sprechi, ma ciò si attua con una corretta educazione al valore del cibo e degli animali, con un dialogo aperto e sensibile con coloro che non sono vegetariani. E ciò non per un buonismo volto ad accontentare tutti un poco, ma perché solo una politica concertata e condivisa può far progredire la società comune (senza strascichi e rancori): fintanto che ci sarà il muro contro muro (tra vegetariani che vedono gli allevatori come nazisti e gli allevatori che si sentono assediati e quindi rifiuteranno a muso duro qualsiasi proposta di dialogo) non si risolverà nulla. Ovvero, per l’ennesima volta, si progredirà solo con la rinuncia ad una Verità Precostituita (quella dei vegetariani che si credono la Soluzione, ma anche quella di chi non riconosce nel miglioramento delle condizioni di allevamento una possibilità di sviluppo e benessere Umano).
Parentesi: Nel post sui masnadieri, io non ho detto che voglio l’estinzione dei vegetariani, bensì del vegetarianesimo (così come auspicherei l’estinzione di qualunque altra "religione" tendenzialmente fondamentalista, non certo delle persone che credono in quelle idee): non imporrei mai ad un vegetariano di abbandonare la sua fede, ma confido che ragioni sulle sue azioni e, sopratutto, non imponga ai suoi figli in età di sviluppo delle pericolose limitazioni alla dieta. Il resto è libertà di scelta tra adulti.
Questo è il pensiero del Demiurgo.
Vedo che ognuno vuole dire la sua in merito al nuovo argomento-discussione che imperversa nel blog che nessuno (o quasi) voleva leggere, relegato a chi ha troppe cose da dire e poche orecchie ad ascoltare/capire e sporadicamente a chi serba rancore -risentimento-rimpianto verso qualcuno dei frequentatori del virtual spazio...
RispondiEliminaOra il blog vede una discussione coinvolgente (forse più una fucilazione, in cui l'(e)neocelta sta al muro) che anima e distoglie dalle precedenti.
"Accorrete gente, il circo Ultrazionale è arrivato in città! Accorrete!" c
Non improntiamola ad un "massacro" dell'(e)neocelta: a me interessa accrescere la reciproca comprensione e (sopratutto) aiutare l'illogico e contaddittorio (e)neocelta a diventare più coerente: ovvero, una cosa sono le buone intenzioni, un'altra la capacità di giustificarle con lucida coerenza.
RispondiEliminaCon tutto rispetto per le buone intenzioni (di cui, notoriamente, è lastricata la via per l'inferno).