Oltre che poeti, gli stimabili amici del Demiurgo sono anche cantastorie.
Ecco due esempi di epica ultrazionale, scritti in tempi differenti da menti differenti...
Leggenda Metropolitana
Non molto tempo fa nella città senza nome, in un grazioso appartamento viveva colui che definiremo, per comodità, Mr. X.
Come succede di solito tra le 2 e le 3 arrivò, anche quel giorno, il pomeriggio. Nella stanza occupata da Mr. X c’era nebbia pesante, una bruma dolciastra e olezzosa di arrosto ormai tipica di quel sito, ma Mr. X non era molto interessato a quei vapori a lui tanto graditi poiché tra i vari problemi che in quel momento aveva ve ne era uno più pressante degli altri: doveva buttare via l’intero pomeriggio e non sapeva come fare.
Mentre rifletteva sul da farsi, un passerotto si appoggiò sul davanzale della finestra e cantò, una lampadina si accese, un sms sperduto da tempo nei meandri dell’universo telecomunicativo arrivò a destinazione e lo stesso Mr. X ebbe la prima di tre illuminazioni che avrebbero reso quel giorno indimenticabile: decise di correggere il caffè; non una normale correzione che un qualsiasi alcolizzato sarebbe riuscito a fare, ma un’elaborazione che prevedeva di tagliare il caffè con un certo vegetale assai difficile da reperire, ed ancor più difficile da gestire.
Mr. X era in cucina intento ad accendere il fuoco sotto la caffettiera, quando improvvisamente il campanello della porta suonò. Il fatto che fosse il campanello della porta e non quello del citofono suscitò in lui due emozioni contrastanti: visto il codone di paglia che si portava dietro ebbe paura perché all’occorrenza avrebbe avuto meno tempo per ripulire la casa, parallelamente, visto il suddetto codone di paglia, era sollevato di poter vedere dallo spioncino della porta chi fosse il visitatore, impresa peraltro impossibile dal citofono. Mr. X si avvicinò senza far rumore alla porta e cautamente guardò nel piccolo foro.
Dall’altra parte dell’uscio vi era un vecchietto dall’espressione gioviale con un sobrio completo di color marrone; notando il piccolo crocefisso attaccato al taschino della giacca marrone, Mr. X si ricordò di aver ricevuto un avviso comunicante il fatto che un prete sarebbe venuto a benedire le case quel pomeriggio. Tirato un esagerato sospiro di sollievo, Mr. X aprì.
Dopo aver osservato Mr. X per qualche tempo, il prete con espressione contrita e alquanto delusa disse che era venuto per benedire la casa e che immaginava che in quel particolare appartamento i suoi servizi non sarebbero stati necessari, ed ecco che un lampo di genio, un attimo di follia, un momento di stravaganza, un istante di stupidità pervasero Mr. X. Rivolgendosi al prete, disse che purtroppo non era più un credente ma che in gioventù sia per formazione che per spirito era stato un convinto cattolico praticante; aggiunse anche che ultimamente molte cose nella sua vita erano cambiate, che un ciclo si stava per chiudere e che un altro si stava per aprire e che tutto questo l’aveva portato a riflettere; disse che stava riesaminando le scelte da lui effettuate e che forse ve ne erano alcune non troppo esatte, per cui chiese al prete se gli poteva fare un favore.
Il prete dubbioso acconsentì e si lasciò accompagnare da Mr. X all’interno di una stanza alquanto grande ed alquanto incasinata. Su tutta la confusione troneggiava un monumentale armadio dalle cui fessure uscivano strani cavi elettrici e bagliori inconcepibili mentre un basso gorgoglio proveniente dal suo interno faceva tremare il pavimento sottostante. Portato il prete davanti a questo mobile inquietante gli spiegò che tale oggetto conteneva la sua tesi di laurea, un esperimento che avrebbe richiesto tre mesi di delicate cure e di amorevoli attenzioni e gli chiese se sarebbe stato così gentile da benedire quel armadio.
Il prete un po’ sorpreso ed un po’ compiaciuto estrasse una piccolo libro dalla tasca, si sistemò gli occhiali sul naso, lesse qualche frase molto significativa e poco interessante, sprecò alcune parole sull’impegno nello studio e dopo un minuto di raccoglimento ambedue conclusero con un amen rituale.
Infine Mr. X scortò il prete verso l’uscita dell’appartamento. Entrambi erano soddisfatti di loro stessi, ma per motivi alquanto differenti, quando, senza preavviso, la caffettiera fischiò rivelando che il caffè ormai dimenticato era pronto. I neuroni di Mr. X si attivarono istantaneamente lavorando così velocemente che quand’ebbero finito l’entropia dell’universo era aumentata di un punto percentuale ed egli disse le fatali parole:
“Posso offrirle un caffè?”
Fine
Come in tutte le leggende metropolitane c’è un fondo di verità, a voi capire fin dove una mente malata può spingersi.
Non molto tempo fa nella città senza nome, in un grazioso appartamento viveva colui che definiremo, per comodità, Mr. X.
Come succede di solito tra le 2 e le 3 arrivò, anche quel giorno, il pomeriggio. Nella stanza occupata da Mr. X c’era nebbia pesante, una bruma dolciastra e olezzosa di arrosto ormai tipica di quel sito, ma Mr. X non era molto interessato a quei vapori a lui tanto graditi poiché tra i vari problemi che in quel momento aveva ve ne era uno più pressante degli altri: doveva buttare via l’intero pomeriggio e non sapeva come fare.
Mentre rifletteva sul da farsi, un passerotto si appoggiò sul davanzale della finestra e cantò, una lampadina si accese, un sms sperduto da tempo nei meandri dell’universo telecomunicativo arrivò a destinazione e lo stesso Mr. X ebbe la prima di tre illuminazioni che avrebbero reso quel giorno indimenticabile: decise di correggere il caffè; non una normale correzione che un qualsiasi alcolizzato sarebbe riuscito a fare, ma un’elaborazione che prevedeva di tagliare il caffè con un certo vegetale assai difficile da reperire, ed ancor più difficile da gestire.
Mr. X era in cucina intento ad accendere il fuoco sotto la caffettiera, quando improvvisamente il campanello della porta suonò. Il fatto che fosse il campanello della porta e non quello del citofono suscitò in lui due emozioni contrastanti: visto il codone di paglia che si portava dietro ebbe paura perché all’occorrenza avrebbe avuto meno tempo per ripulire la casa, parallelamente, visto il suddetto codone di paglia, era sollevato di poter vedere dallo spioncino della porta chi fosse il visitatore, impresa peraltro impossibile dal citofono. Mr. X si avvicinò senza far rumore alla porta e cautamente guardò nel piccolo foro.
Dall’altra parte dell’uscio vi era un vecchietto dall’espressione gioviale con un sobrio completo di color marrone; notando il piccolo crocefisso attaccato al taschino della giacca marrone, Mr. X si ricordò di aver ricevuto un avviso comunicante il fatto che un prete sarebbe venuto a benedire le case quel pomeriggio. Tirato un esagerato sospiro di sollievo, Mr. X aprì.
Dopo aver osservato Mr. X per qualche tempo, il prete con espressione contrita e alquanto delusa disse che era venuto per benedire la casa e che immaginava che in quel particolare appartamento i suoi servizi non sarebbero stati necessari, ed ecco che un lampo di genio, un attimo di follia, un momento di stravaganza, un istante di stupidità pervasero Mr. X. Rivolgendosi al prete, disse che purtroppo non era più un credente ma che in gioventù sia per formazione che per spirito era stato un convinto cattolico praticante; aggiunse anche che ultimamente molte cose nella sua vita erano cambiate, che un ciclo si stava per chiudere e che un altro si stava per aprire e che tutto questo l’aveva portato a riflettere; disse che stava riesaminando le scelte da lui effettuate e che forse ve ne erano alcune non troppo esatte, per cui chiese al prete se gli poteva fare un favore.
Il prete dubbioso acconsentì e si lasciò accompagnare da Mr. X all’interno di una stanza alquanto grande ed alquanto incasinata. Su tutta la confusione troneggiava un monumentale armadio dalle cui fessure uscivano strani cavi elettrici e bagliori inconcepibili mentre un basso gorgoglio proveniente dal suo interno faceva tremare il pavimento sottostante. Portato il prete davanti a questo mobile inquietante gli spiegò che tale oggetto conteneva la sua tesi di laurea, un esperimento che avrebbe richiesto tre mesi di delicate cure e di amorevoli attenzioni e gli chiese se sarebbe stato così gentile da benedire quel armadio.
Il prete un po’ sorpreso ed un po’ compiaciuto estrasse una piccolo libro dalla tasca, si sistemò gli occhiali sul naso, lesse qualche frase molto significativa e poco interessante, sprecò alcune parole sull’impegno nello studio e dopo un minuto di raccoglimento ambedue conclusero con un amen rituale.
Infine Mr. X scortò il prete verso l’uscita dell’appartamento. Entrambi erano soddisfatti di loro stessi, ma per motivi alquanto differenti, quando, senza preavviso, la caffettiera fischiò rivelando che il caffè ormai dimenticato era pronto. I neuroni di Mr. X si attivarono istantaneamente lavorando così velocemente che quand’ebbero finito l’entropia dell’universo era aumentata di un punto percentuale ed egli disse le fatali parole:
“Posso offrirle un caffè?”
Fine
Come in tutte le leggende metropolitane c’è un fondo di verità, a voi capire fin dove una mente malata può spingersi.
La leggenda delle leggende
Mi alzo la mattina, in volo radente verso i miei doveri di umano componente della società, infilo la porta e mi riverso nelle vie trafficate, dove il resto della società affolla lo spazio che mi divide dalla mia destinazione.
La meta non è ambita, quindi perdo il tempo che mi è possibile facendo girare l'economia di un piccolo bar, pagando le prime poche calorie della giornata e proferendo uno scontatissimo "cappuccio e brioches".
Una veloce occhiata al giornale steso sul tavolo già pieno di briciole, giusto per sentirmi parte del grande mondo anastomizzato, in cui il presidente degli Stati Uniti commenta la fame nel terzo mondo, mentre anonimi scienziati di un'altrettanto anonima università rendono nota la scoperta di un nuovo meteorite che forse colpirà la Terra tra duemila anni.
E' ora di andare.
Tra un sorpasso, un colpo di clacson e qualche insulto, arrivo al traguardo, dove il premio è una giornata uguale alla precedente e probabilmente anche alla successiva.
La soddisfazione sta tutta in una pausa caffè, quattro chiacchiere veloci coi colleghi e un paio di occhiate furtive alla solita gonna, troppo corta per fermare le fantasie che s'arrampicano sulle lunghe gambe accavallate.
La giornata è tanto veloce quanto bella, ma giunge presto l'ora di tornare a casa; finalmente un po' di relax, davanti alla tv, che poi stasera c'è il film con quel tipo che spara un sacco.
"Dai che stasera andiamo a farci una birra in quel locale"… merda, me n'ero dimenticato, ma meglio così, tanto quel film l'ho già visto tre volte e poi sparano troppo.
Cena veloce e poi cinque messaggi più due telefonate per mettersi d'accordo su dove trovarsi, che poi è sempre il solito posto.
Il locale è uno di quei pub un po' bui e con un sacco di cianfrusaglie appese ai muri, ma hanno la birra buona e c'è sempre un sacco di figa.
Tavolo per cinque, tutti colleghi che già stanno prendendo per il culo il capo per quella cosa che è successa oggi. A vederci sembriamo dei quarantenni e invece il più vecchio ne ha trentuno.
Ecco che come al solito partono i mal celati tentativi d'approccio con la cameriera, che ovviamente si limita a darci le solite liste con pagine e pagine di birre.
Quindici minuti per decidere cosa prendere e quando la cameriera torna sputo un "Per me un'Heineken"…
Dal tavolo a fianco partono subito le risate, ovviamente destate dalle mie parole, e due individui si voltano ridendo. Hanno un'aria strana, come se stessero osservando la gente intorno ed i loro comportamenti, ed ogni volta si scambiano un veloce sguardo come di conferma scoppiando a ridere. Saranno due fannulloni, di quelli che la sera vanno a bere nei bar e poi fanno danni perché ubriachi, frutti di chissà quali situazioni disagiate; non mi stupirei se fossero dei drogati.
Mentre finiamo le nostre birre i due del tavolo a fianco si guardano e dopo un breve cenno si alzano per andarsene; un senso di sollievo mi percorre, come se la presenza dei due figuri, tanto diversi dagli altri, anche se non insoliti nell'aspetto, disturbasse la mia sicurezza di ligio componente della società.
A metà strada per l'uscita uno dei due si ferma, due passi più avanti l'altro fa lo stesso, si guardano un attimo e, come reagendo ad un qualche fatto a me sfuggito, fanno entrambi e contemporaneamente un gesto portandosi un pugno davanti al volto teatralmente serio e corrucciato, dopodiché scoppiano a ridere per l'ennesima volta e scompaiono definitivamente.
Continuo la mia serata tra discorsi di lavoro e qualche fredda battuta, ripensando di quando in quando ai due indecifrabili individui.
La serata passerà presto e domani inizierà una nuova giornata, uguale alla precedente e probabilmente anche alla successiva, almeno per me.
I due loschi figuri furono successivamente avvistati separatamente, in tempi e luoghi diversi.
Uno fu visto in cima ad una scogliera della Scozia, mentre, con lo stesso gesto compiuto quella sera nel pub, quasi coperto dall'ululante vento di tempesta, e circondato da veleggianti gabbiani mesozoici gridava "Ci sto!".
L'altro si dice che sia stato avvistato una notte, durante un violento temporale, sfrecciare velocemente in sella ad una moto, preceduto da un boato simile al tuono.
In ogni caso nessuno vi confermerà mai di averli visti con certezza e rimarranno avvolti dal mistero che tuttora ne fa una leggenda popolare che risuona ai quattro angoli del mondo.
Mi alzo la mattina, in volo radente verso i miei doveri di umano componente della società, infilo la porta e mi riverso nelle vie trafficate, dove il resto della società affolla lo spazio che mi divide dalla mia destinazione.
La meta non è ambita, quindi perdo il tempo che mi è possibile facendo girare l'economia di un piccolo bar, pagando le prime poche calorie della giornata e proferendo uno scontatissimo "cappuccio e brioches".
Una veloce occhiata al giornale steso sul tavolo già pieno di briciole, giusto per sentirmi parte del grande mondo anastomizzato, in cui il presidente degli Stati Uniti commenta la fame nel terzo mondo, mentre anonimi scienziati di un'altrettanto anonima università rendono nota la scoperta di un nuovo meteorite che forse colpirà la Terra tra duemila anni.
E' ora di andare.
Tra un sorpasso, un colpo di clacson e qualche insulto, arrivo al traguardo, dove il premio è una giornata uguale alla precedente e probabilmente anche alla successiva.
La soddisfazione sta tutta in una pausa caffè, quattro chiacchiere veloci coi colleghi e un paio di occhiate furtive alla solita gonna, troppo corta per fermare le fantasie che s'arrampicano sulle lunghe gambe accavallate.
La giornata è tanto veloce quanto bella, ma giunge presto l'ora di tornare a casa; finalmente un po' di relax, davanti alla tv, che poi stasera c'è il film con quel tipo che spara un sacco.
"Dai che stasera andiamo a farci una birra in quel locale"… merda, me n'ero dimenticato, ma meglio così, tanto quel film l'ho già visto tre volte e poi sparano troppo.
Cena veloce e poi cinque messaggi più due telefonate per mettersi d'accordo su dove trovarsi, che poi è sempre il solito posto.
Il locale è uno di quei pub un po' bui e con un sacco di cianfrusaglie appese ai muri, ma hanno la birra buona e c'è sempre un sacco di figa.
Tavolo per cinque, tutti colleghi che già stanno prendendo per il culo il capo per quella cosa che è successa oggi. A vederci sembriamo dei quarantenni e invece il più vecchio ne ha trentuno.
Ecco che come al solito partono i mal celati tentativi d'approccio con la cameriera, che ovviamente si limita a darci le solite liste con pagine e pagine di birre.
Quindici minuti per decidere cosa prendere e quando la cameriera torna sputo un "Per me un'Heineken"…
Dal tavolo a fianco partono subito le risate, ovviamente destate dalle mie parole, e due individui si voltano ridendo. Hanno un'aria strana, come se stessero osservando la gente intorno ed i loro comportamenti, ed ogni volta si scambiano un veloce sguardo come di conferma scoppiando a ridere. Saranno due fannulloni, di quelli che la sera vanno a bere nei bar e poi fanno danni perché ubriachi, frutti di chissà quali situazioni disagiate; non mi stupirei se fossero dei drogati.
Mentre finiamo le nostre birre i due del tavolo a fianco si guardano e dopo un breve cenno si alzano per andarsene; un senso di sollievo mi percorre, come se la presenza dei due figuri, tanto diversi dagli altri, anche se non insoliti nell'aspetto, disturbasse la mia sicurezza di ligio componente della società.
A metà strada per l'uscita uno dei due si ferma, due passi più avanti l'altro fa lo stesso, si guardano un attimo e, come reagendo ad un qualche fatto a me sfuggito, fanno entrambi e contemporaneamente un gesto portandosi un pugno davanti al volto teatralmente serio e corrucciato, dopodiché scoppiano a ridere per l'ennesima volta e scompaiono definitivamente.
Continuo la mia serata tra discorsi di lavoro e qualche fredda battuta, ripensando di quando in quando ai due indecifrabili individui.
La serata passerà presto e domani inizierà una nuova giornata, uguale alla precedente e probabilmente anche alla successiva, almeno per me.
I due loschi figuri furono successivamente avvistati separatamente, in tempi e luoghi diversi.
Uno fu visto in cima ad una scogliera della Scozia, mentre, con lo stesso gesto compiuto quella sera nel pub, quasi coperto dall'ululante vento di tempesta, e circondato da veleggianti gabbiani mesozoici gridava "Ci sto!".
L'altro si dice che sia stato avvistato una notte, durante un violento temporale, sfrecciare velocemente in sella ad una moto, preceduto da un boato simile al tuono.
In ogni caso nessuno vi confermerà mai di averli visti con certezza e rimarranno avvolti dal mistero che tuttora ne fa una leggenda popolare che risuona ai quattro angoli del mondo.
Sarei curioso di sapere chi è l'autore del primo scritto (il secondo lo conosco già...), anche se ho il sospetto di aver già capito di chi si tratta, ovvero un soggetto che definirei "uno di noi"... c
RispondiElimina