sabato 1 marzo 2008

Darwin-Day in Food-Valley

Ieri, nella mia ridente mesopoli incastonata nella Food-Valley, si è svolto un raro evento culturale. Raro non perché qui scarseggino eventi culturali, raro perché, purtroppo, il non-scientifico egemonizza buona parte delle iniziative culturali. Per essere chiari, il termine “non-scientifico” dice solo che l’evento in questione non parla di tematiche connesse alla ricerca ed alla discussione scientifica. Prima che i soliti prevenuti si scaglino come fanatici talebani contro la prima affermazione (che è un fatto), preciserò che il mio rammarico non è per la presenza di eventi “prettamente umanistici” (anzi!) quanto per la sproporzione negativa di eventi culturali scientifici. Sproporzione tutta italica, tutta contingentemente determinata, figlia di un pregiudizio idealistico-religioso (bella coppia di amanti litigiosi...) che troppo spesso giudica il pensiero scientifico in maniera prettamente utilitaristica e pratica, negandone il suo giusto status di complementare della (cosiddetta) Cultura (cioè l’umanistica). Perché da queste parti un dibattito culturale, interdisciplinare, scientifico è snobbato e trova scarsa notorietà mentre festival letterari, dibattiti politici o mostre di tele attirano folle (non sempre all’altezza del prodotto presentato)? Solamente per l’osticità degli argomenti trattati? Non credo. Per la scarsa importanza dei temi? Dubito: il posto dell’uomo nel mondo, o la lotta alla malattia (fisica e mentale) sono temi che toccano direttamente il sentimento individuale e collettivo (“fatti non foste per viver come bruti”, se si vuol citare Dante... oh, ma è cultura umanistica!), e solo dal progresso scientifico è possibile (sperare di) trarre le risposte adatte a simili questioni (a meno che non ci si voglia solamente intortare con vecchi miti e recenti favole). I dilemmi scientifici sono temi superficiali o lontani dalle istanze dell’“umanesimo”? Come detto sopra: no, al contrario. Senza entrare troppo in un discorso non pertinente direttamente col post di oggi: solo un miope, un ignorante, un fanatico non può riconoscere la continuità e la indissolubile commistione di metodi, fini ed intenti di “umanesimo”, di Arte e di Scienza. Sopratutto perché, a ben ricordare, i maggiori artisti, letterati e poeti hanno sempre allacciato intense (spesso anche sofferte) relazioni con ciò che la scienza loro contemporanea imponeva di considerare e riconoscere (e viceversa, la Scienza ha spesso tratto dalle intuizioni e suggestioni del “ramo” umanistico nuove linfe concettuali). Il dissidio tra pensiero umanistico e scientifico è, quindi, più un’imposizione culturale (un progetto politico?) piuttosto che una realtà logicamente e storicamente giustificabile. Detto ciò, torno all’evento di ieri. Anche da noi, fighettolandiani (acquisiti), in parallelo con altre città della penisola e all’estero, Febbraio è stato il mese delle celebrazioni darwiniane. Il prossimo anno sarà il bicentenario della nascita di C. R. Darwin, ed il centocinquantesimo della pubblicazione del “The Origin of Species by the mean of the Natural Selection”, quindi si prevedono eventi ancora più intensi e interessanti.
Ieri abbiamo avuto una giornata di divulgazione e di incontro scientifico. Me la sono goduta tutta, con soddisfazione. Ho assistito con interesse a tutte le sette relazioni, 6 prettamente scientifiche ed una filosofica finale, alcune di carattere generale sull’evoluzione e sul darwinismo (al mattino), altre più specificatamente antropologiche (al pomeriggio). Il finale è stato una perla.
Ho “ripassato” la struttura e la molteplicità della teoria darwinina (primo intervento, del Prof. Ferraguti di Milano). Ho scoperto nuovi dettagli, molto interessanti, sulla fauna delle Galapagos (secondo intervento, del Prof. Gentile di Roma). Ho apprezzato moltissimo la relazione e lo stile, tutto toscano, della Prof.ssa Beani che ha parlato della selezione sessuale (illuminante la tesi che l’intelligenza umana sia, almeno in parte, una sorta di “coda di pavone”, un’esagerata -e quasi futile, apparentemente, in termini adattativi stretti- superstruttura evolutasi per “conquistare” il partner). Con l’intervento del Prof. Manzi di Roma sono tornato a ripensare agli “hobbit” di Flores (il recente nuovo ominide Homo floresiensis), sopratutto alle implicazioni profonde che la loro “anomalia” nel quadro standard dell’evoluzione umana ci impongono di considerare (meriterebbe un post futuro). Mi ha sorpreso vedere quanto si possa ricavare dagli studi molecolari sui neandertaliani (relazione del Prof. Caramelli di Firenze): da paleontologo e morfologo come sono per formazione, è stato istruttivo aver rimosso questo pregiudizio su chi guarda l’evoluzione alla scala bio-molecolare. Un discorso analogo lo faccio per la relazione del Prof. Pettener di Bologna, che ha illustrato la storia genetica delle popolazioni umane. Infine, ho adorato tutta l’argomentazione del filosofo romano Franceschelli: il concetto di “plausibilità” per lo sviluppo di una vera cultura laica post-moderna, e l’affermazione che possano e debbano esistere un’etica ed una filosofia mature fondate sul Naturalismo (finalmente definito storicamente, e fatto risalire ad Epicuro, in alternativa plausibile alla visione “teologica” del mondo di stampo platonico-giudaico-cristiano) mi ha illuminato. Molte idee e concetti che avevo elaborato in questi anni hanno trovato una sintesi coerente, oltre che una soddisfazione nel vedere che sono condivisi e diffusi.

Una giornata ultrazionalmente piena, che spero diventerà un’abitudine. Il merito va al Prof. Grasso, giovane etologo della mia facoltà universitaria, che (come ho fatto ieri personalmente) va ringraziato per aver organizzato questo incontro.

1 commento:

  1. Io non c'ero, ma sono felice dell'evento...ringrazia Donato anche da parte mia.

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