sabato 7 aprile 2007

Egocentria Genetica

La settimana pasquale è da casuale sfondo per un minuscolo intermezzo biblico.
Avvertenza: Questo post non è minimamente interessato alle inutili (e spesso ridicole) discussioni pro e contro il creazionismo scientifico che anche in Italia sembrano aver preso piede per scimmiottare la realtà nordamericana. Per essere chiari da subito, il Demiurgo Ultrazionale dà al Vecchio Testamento la stessa validità scientifica dell’Iliade o del Libro dei Morti egizio.
Sfogliando il dizionario di Inglese/Italiano, mi sono imbattuto in questo termine:
postdiluviale agg. (geol.): Holocene (attr.), Recent.
Postdiluviale è un termine della geologia settecentesca e ottocentesca, e rispecchia la concezione creazionista allora dominante che interpretava i sedimenti più recenti come deposti dalle acque in ritirata dopo il Diluvio (appunto, postdiluviali). Holocene (Olocene in italiano) è il termine della geologia statigrafica moderna che indica tutti i sedimenti deposti dopo l’ultimo glaciale (NB: è presumibile che noi viviamo in una fase interglaciale e che l’ultimo glaciale sia tale solo in termini relativi. A dispetto delle onnipresenti paranoie sul riscaldamento globale, il Futuro alla scala delle prossime decine di migliaia di anni prevede ancora Freddo intenso). Il fatto che il termine in italiano (postdiluviale) non abbia un equivalente “postdiluvial” è curioso, perché difatti “diluvial” esiste in inglese. Ma più che dalla curiosità linguistica, la mente del Demiurgo Ultrazionale è stata attratta dall’accostamento tra i due eventi citati sopra: il Diluvio Biblico e l’ultima Deglaciazione. Questo accostamento, nato durante la congestionata prima età della geologia, durante la quale il bisogno di conciliare sacre scritture ed evidenze scientifiche era un’esigenza individuale e sociale, rientra nella lunga e lungamente fraintesa serie di somiglianze tra la Storia Naturale (Cosmologia e Geologia) e la Genesi. Somiglianza per alcuni, rispecchiamento per altri. Essendo entrambi dei racconti sulle origini, non stupisce che essi abbiano dei punti in comune, ma ritenere, come fanno alcuni (troppi?), che i caratteri in comune tra le due storie implichino necessariamente l’esistenza di una Verità (Realtà?) comune che li fonderebbe entrambi è un semplicismo gratuito. Piuttosto, l’Ultrazionale considera questi tratti simili come l’evidenza di una comune origine psicologica presente nelle spiegazioni (mitiche e scientifiche). Rovesciando l’ottica, i due racconti sono simili solamente perché condividono la specie autrice, ed i suoi archetipi narrativi.
Tornando ai punti in comune tra Genesi e Storia Naturale, entrambe le storie affermano che ci fu un tempo durante il quale non esisteva la vita (un tempo “prebiotico”) e un tempo durante il quale esisteva la vita ma non l’uomo (un tempo “biotico preumano”). Le differenze più profonde sono nelle durate dei rispettivi tempi prebiotici e biotici preumani. Nella Genesi, il tempo prebiotico dura 2 giorni, contro i 12 miliardi di anni stimati dalla Storia Naturale tra l’origine (presunta) di tutto e la comparsa della vita (sulla Terra); così come il tempo biotico preumano, che dura dal terzo al sesto giorno dopo la creazione biblica, contro i tre miliardi e mezzo di anni che vanno dai primi organismi all’uomo (sia che si intenda uomo come ominide oppure come Homo sapiens, alla scala dei miliardi di anni la differenza è trascurabile). Anche stimando la durata relativa rispetto ai tempi considerati da ciascuna cosmologia, le differenze sono enormi. Usando l’arbitraria coincidenza di Diluvio e Deglaciazione Olocenica, i due racconti durano rispettivamente 1656 anni per la parte antidiluviana della Genesi (intervallo di tempo, basato sulla cronologia dei patriarchi antidiluviani, da Adamo all’anno del diluvio, il “seicentesimo delle vita di Noè”) e 15 miliardi di anni per la parte preolocenica della Storia Naturale (dal Big Bang all’Olocene, usando la stima approssimativa di 13-18 miliardi di anni fa per l’inizio dell’espansione delle galassie). Tradotto in percentuale: il tempo prebiotico dura lo 0,00033% del tempo antidiluviano, contro il 76,70% del tempo della Storia Naturale; il tempo biotico preumano dura lo 0,00050% del tempo antidiluviano contro il 23,30% del tempo nella Storia Naturale. Da notare che persino usando le date interne al racconto biblico la durata delle fasi preumane è infima rispetto alla storia umana (anche nei 4000 anni che si attribuivano gli antichi, il tempo preumano è un breve istante iniziale): a dar credito al racconto biblico, un universo senza umanità non avrebbe senso. Da qui il dubbio su quale dei due fattori sia causa dell’altro: fu la creazione di una cosmologia satura fino al limite di storia umana a produrre una visione antropocentrica dell’universo o viceversa? In ogni caso, è evidente l’intento consolatorio di qualunque cronologia cosmologica satura di Umanità.
Fortunatamente per noi, la Storia Naturale, il tentativo di ricostruzione oggettiva del passato, non fa sconti alla nostra connaturata egocentria (egocentria genetica proprio perché presente anche nella Genesi...) e ci ha mostrato senza pudori l’abisso del Tempo Profondo, durante il quale, per decine di migliaia di milioni di anni (detto così rende meglio), nulla di umano attraversò, osservò e contemplò l’indifferenza di un Creato autosufficiente.

Buone grigliate di primavera a tutti, ed Onore al Re Spiedo!

1 commento:

  1. Non avrei saputo fare di meglio. Non ci ho mai pensato a fere un calcolo simile e mi fa piacere vedere confermata l'approssimatezza del testo, almeno nella versione odierna.
    Quasi quasi vado al parco ducale a farmi agganciare dal creazionista inglese della scorsa settimana e gli faccio due conti...
    Com'è che dicevi?"Credere è troppo facile".c

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