sabato 14 novembre 2009

L'infelicità di un albero che vorrebbe volare


Ogni autunno, l'albero si deprime e rattrista. Ripensa all'ennesima estate perduta, si illude di una prossima primavera che potrebbe non giungere.
La sua scorza tradisce il suo animo.
La stupidità è la recidività di fronte ad errori sempre identici, reiterati a causa dell'ottusità, ottusità alimentata a sua volta da un duplice difetto congenito chiamato arroganza ed orgoglio: se accettasse i suoi limiti, con tutto ciò che comporta, l'albero non si illuderebbe di poterli superare, e non ripeterebbe sempre la stessa sequenza di errori.
Se non è nato con le ali, ma anzi, ha delle vistose radici infisse nel terreno, rugose nodosità che l'inchiodano al suolo, non ha senso soffrire se il vento non ha alcun interesse a sollevarlo in aria. 
Vano è soffrire per ciò che si è. 
Il fatto che ad altri esseri, privi di fusto, incapaci di produrre fiori e frutti, ma nati, per caso, con le ali, il vento conceda senza problemi, dubbi o titubanze di librarsi senza tutto l'immane sforzo che invece l'albero deve esercitare anche solo per godere della brezza, non fa che confermare questa realtà.
Triste condanna di un albero innamorato del vento.

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