mercoledì 11 novembre 2009

Jennifer


"Jennifer" è il nome di questa tavola, raffigurante un Parasaurolophus.
Non chiedetemi il perché del nome "Jennifer". Ammesso che ce ne fu uno sensato, l'ho dimenticato. Il tratto è rapido e netto, una mano decisa, ispirata. L'osservatore più attento noterà che manca una zampa posteriore, appena accennata nel contorno. Jennifer è un'opera incompleta. Nacque come ispirazione di un pomeriggio, e si completò (tranne la zampa mancante) in poche ore. Era un periodo magico, veramente ispirato, quello in cui nacque Jennifer. Oggi non riuscirei nemmeno ad abozzare la sagoma. Non sento quel genere di ispirazione, non pulsa alcuna scintilla frenetica che guida la mano, plasma l'immagine sulla carta prima ancora che la matita la sfiori, anima le ore della creazione. Gli antichi reificarono questa miscela di impulsi e passioni, di lucida elaborazione carica di vitalità, quasi autonoma emanazione di uno spirito demoniaco infuso nella mente, col nome di Musa. C'era una Musa in quei giorni? Un mix di illusoria negazione del futuro, di inconscio oblio del passato, quella era la Musa. Ingenuità e stupidità gioiosa, fine a sé stessa.
Dopo di allora, si è spento il sole. Che fine abbia fatto la Musa, non so. Forse, ma non riuscirei ad accettarlo completamente, non è mai esistita, aldilà della mia pazzia di quei giorni, o forse, esiste, e si è stancata di questo misero mortale. Ha giocato per qualche tempo con le sue membra, con la stessa noncuranza con cui noi trastulliamo un nuovo balocco che pare soddisfare l'estro del momento, forse, con la stessa cecità con cui il balocco si lascia ammaccare.
Poi, ha smesso di vederlo, per limitarsi solo a guardarlo.
Infine, non l'ha guardato più.

Nessun commento:

Posta un commento

-I COMMENTI ANONIMI SARANNO ELIMINATI