lunedì 20 ottobre 2008

Archetipi, Baupläne ed altre inutilità zoologiche - Seconda parte

Nella seconda parte di questo post doppio (potete leggere la prima cliccando sul titolo qui sopra) spiego perché il tentativo dei creazionisti di arroccarsi sopra la Macroevoluzione per cercare di salvarsi dal Diluvio darwiniano è vano come la loro credenza che due esemplari di tutte le specie di animali d’acqua dolce possano essere alloggiati per un anno all’interno di un’arca di legno e bitume a zonzo per l’oceano...

Anche in questo caso, partirò da un esempio, questa volta fantascientifico.

Immaginiamo che io faccia amicizia con un’intelligenza aliena di tipo elettronico, un essere in stile “robot”, che è generato da un processo di assemblaggio meccanico di parti distinte alle quali viene inserito un software avente le stesse prestazioni della mente umana. Un giorno decido di presentare questo “amico” sui generis a mia madre. Siccome il suo processo di generazione non prevede l’esistenza di genitori, mi affretto a spiegargli cosa sia una madre. Per avvicinarmi alla sua “concezione” di procreazione, gli spiego che una madre è l’individuo all’interno del quale avviene il processo di assemblaggio preliminare delle mie componenti. Il robot annuisce, dicendo di aver compreso. Tuttavia, nel momento in cui gli presento mia madre, egli si volta verso di me con aria seccata, esclamando: “Mi hai mentito! Non è possibile che un essere delle tue dimensioni possa essere stato assemblato all’interno di quel altro!” (Per chi non lo sapesse, mia madre ha un volume corporeo inferiore al mio...). La storia è chiaramente idiota, e tutti sappiamo qual è l’errore del robot: ritiene che l’intera complessità attuale del sottoscritto derivi da un solo processo di assemblaggio, un atto creativo capace di produrre un adulto umano completo. Ovviamente, tale atto non può compiersi in un utero materno, ma è il risultato di un processo protrattosi per decenni, e del quale il robot sta osservando solo il risultato finale.

L’obiezione creazionista nei confronti dell’evoluzione delle grandi categorie tassonomiche è simile. Essa ritiene che nessun processo microevolutivo possa produrre la complessità dei vari tipi zoologici (insetti, molluschi, brachiopodi, vetrebrati, ecc...), i quali, pertanto, possono essere spiegati solamente con una serie distinta di atti creativi, analoghi all’assemblaggio del robot, creato “adulto” in un solo evento. Per i creazionisti, le discontinuità morfologiche tra, ad esempio, insetti e molluschi, o tra vertebrati ed echinodermi, sono “sostanziali”, irriducibili ad un processo evolutivo graduale protratto ad una scala minore di quella delle grandi categorie tassonomiche.

L’errore sta nell’attribuire alle grandi categorie tassonomiche lo status di enti discreti, alla pari di elementi chimici (i quali, ad essere precisi, sono anch’essi il risultato dell’assemblaggio di oggetti di una scala più bassa).

In realtà, applicando razionalmente i dati a noi noti, quella che per i creazionisti pare una “complessità irriducibile” è solamente un effetto della Storia. Ovvero, le discontinuità che fungono da “limiti invalicabili” tra i phyla sono il risultato della sommatoria di numerosi eventi di estinzione che hanno eliminato numerose forme “intermedie”, impedendo loro di sopravvivere fino ad oggi. L’effetto di tale “discontinuità contingente” sono appunto le grandi categorie tassonomiche ed i baupläne, che non esprimono “modelli archetipici ancestrali”, bensì solamente le “isole di sopravvivenza” in un oceano zoologico fortemente segnato dalle estinzioni.

Questi due esempi mostrano come l’occhio critico dei creazionisti sia miope nei confronti di alcune zone della zoologia ed invece molto sensibile verso altre.

I pesci teleostei sono il gruppo di vertebrati acquatici di maggiore successo, con circa 20 mila specie descritte. La variabilità morfologica all’interno dei teleostei è enorme, ben più grande di quella che separa una rana da un cavallo. Tale variabilità mostra tantissimi modelli adattativi, i quali spesso esemplificano le gradazioni evolutive tra morfologie apparentemente distanti ed “inconciliabili”. Di conseguenza, all’interno dei teleostei è difficile trovare prove della “irriducibile complessità” tanto cara ai creazionisti. Perché tale discontinuità è assente? La risposta è nella storia evolutiva dei teleostei: da 100 milioni di anni questo gruppo è in espansione continua, e l’estinzione non ha “falciato” in maniera selettiva determinate linee evolutive rispetto ad altre: quasi tutti i gruppi comparsi durante la storia dei teleostei persiste ed è ampiamente diversificato. Ovviamente, all’interno di un tale caleidoscopio anatomico è difficile trovare obiezioni credibili all’evoluzione darwiniana, la quale è invece una spiegazione soddisfacente di una simile variabilità morfologica.

Il secondo caso che cito mi è particolarmente caro (e forse tendo ad abusarne per fare esempi...). Gli uccelli sono il gruppo di vertebrati terrestri di maggiore successo, con oltre 10 mila specie viventi attualmente. L’anatomia degli uccelli è talmente particolare e “differente” da quella degli altri vertebrati terrestri che non sembra possibile farla derivare per evoluzione da altre morfologie, ad esempio da quella dei rettili. Un essere simile ad una lucertola, che ha la pelle a squame, è quadrupede, striscia, ha sangue freddo, non ha sacchi aerei, ecc..., come potrebbe evolvere secondo le presunte meccaniche darwiniane per diventare un animale bipede e volante, a sangue caldo, pennuto, con becco, ecc...? Ovviamente, vista in questa luce, la teoria darwiniana pare terribilmente improbabile e contorta.

L’anatomia degli uccelli sembra così bizzarra solo per motivi di contingenza storica, e non perché frutto di qualche irriducibile creatività divina: a differenza di quella dei singoli gruppi di teleostei, essa è l’unica sopravvissuta di un massiccio evento di estinzione che ha spazzato via dalla nostra osservazione diretta la lunghissima serie di morfologie intermedie che, un tempo, colmava tutto lo “spazio morfologico” tra uccelli e, ad esempio, coccodrilli. Se non ci fosse stata l’estinzione della fine del Cretacico che ha cancellato tutti i parenti degli uccelli, e se non ci fosse stata l’estinzione della fine del Triassico, che ha cancellato tutti i parenti dei coccodrilli, noi oggi avremmo l’intera gamma della variazione morfologica che va dal colibrì al caimano senza alcuna “irrisolvibile discontinuità”, esattamente come quella che osserviamo tra i pesci teleostei (che, faccio notare ancora, hanno al loro interno una variabilità anatomica ben più alta di quella che separa uccelli e coccodrilli... Purtroppo, dubito che gli antievoluzionisti abbiano conoscenze zoologiche tali per apprezzare questi fatti).

Quindi, in conclusione, il darwinismo, proprio in virtù della sua alleanza con la contingenza del Tempo Profondo (un concetto ampiamente confermato dai dati della fisica, astronomia e geologia, ma che è inconcepibile ed inaccettabile da chi crede che l’Universo esista da solo 6000 anni), ha tutti i mezzi per spiegare l’esistenza e la discontinua variabilità dei viventi SENZA AVERE BISOGNO DI ALCUNA SPIEGAZIONE SOPRANNATURALE.

Poi sta alla capacità razionale delle persone volere o no accettare tale spiegazione... ma questo è un altro discorso...

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