L’abuso della retorica è un maldestro tentativo di celare la propria sconfitta. Gli antievoluzionisti hanno dalla loro parte almeno 2000 anni di allenata arte della retorica metafisica, della logica fumosa, dello sproloquio verbale. La loro bandiera è il primato del Logos. In principio, essi ritengono, era il Logos. Tradotto fuori dalla mitologia allegorica: “Gli oggetti della mente sono superiori agli oggetti dell’esperienza”. In principio, ovvero, al vertice, è la parola. Tutto ciò che è razionale è reale, diranno millenni dopo. Ma la sostanza del discorso resta la stessa. Duemila anni di fumo metafisico, di religione della parola, hanno consacrato lo strumento linguistico e degradato ciò che, in origine, era il fondamento e fine di quegli stessi strumenti, ovvero, la realtà fenomenica e sensibile.
Conseguenza inevitabile di questa gloriosa genia di mistificazione è la fede. Fede, ovvero, “Credere nonostante l’assenza di evidenze”.
Infatti, se abbiamo elevato l’oggetto linguistico, un prodotto della mente, inizialmente originatosi come strumento di interazione con il mondo (sia fisico che sociale), a essere necessario e autonomo, pura emanazione di un (presunto) spirito, è evidente che possiamo (e dobbiamo) anche rinnegare la sua corrispondenza fenomenica, fino a disprezzarla e dimenticarla. Negando la corrispondenza tra parole (e concetti) e realtà fenomenica, negheremo anche il meccanismo tramite il quale stabiliamo tale corrispondenza, ovvero, la ragione scientifica, la logica concreta e tutto il criterio basato sulla verifica e sull’oggettività.
Riassumendo, l’esaltazione del "logos" produce il disprezzo dell’evidenza e l’esaltazione della fede.
Da qui deriva l’incapacità degli antievoluzionisti (e dei nemici della scienza in generale) di accettare la radicale differenza esistente nel metodo scientifico. Incapaci di riconoscere qualcosa di alternativo all’atto di fede, essi attribuiscono alla scienza una vena religiosa ed irrazionale analoga alla loro. Essi non riescono a comprendere che l’essenza del metodo scientifico non è l’accettazione o meno di spiegazioni sul mondo, bensì il criterio tramite il quale la mentalità scientifica distingue ciò a cui dare credito (“credere” direbbero i nostri fedeli) da ciò di cui dubitare, ovvero, il criterio del primato dell'evidenza sopra l'interpretazione.
Per loro, quindi, l’evoluzione è solo un’altra fede, una religione (nemica) contrapposta alla loro. In realtà, nessun evoluzionista maturo (libero dall’eredità fideista) crede nell’evoluzione. Nell’evoluzione non si deve credere, esattamente come non si deve credere nella teoria atomica, nell’orbitale, nella tettonica delle placche e in tutte quelle teorie scientifiche, verso le quali, sebbene siano fuori dalla portata dell’esperienza quotidiana, noi diamo affidamento e che utilizziamo per interpretare e conoscere l’Universo che ci circonda.
Le teorie della Scienza non sono argomento di fede, ma sono strumenti di interpretazione.
L’evoluzione non è materia di fede. Credere nell’evoluzione significa degradarla e disprezzarla, relegandola nel recinto delle procedure automatiche di interazione col mondo, al pari di un arco riflesso, di un conato di vomito, di una litania ripetuta meccanicamente, quasi inconsciamente, durante una cerimonia stereotipata. La teoria evolutiva va analizzata, elaborata, discussa, interpretata e, sopratutto, testata ed applicata ai fenomeni che osserviamo.
Non dovete credere nell’evoluzione. Mille volte meglio sviscerarla con il dubbio che sia incompleta, imperfetta e semplicistica, piuttosto che accettarla come dogma, issandola a vessillo per nuove, inutili, guerre di religione.
Come una donna (o un uomo, a seconda dei vostri indirizzi erotici), ogni teoria scientifica va amata ma al tempo stesso guardata con dubbio e un amaro senso di distacco. “Mi starà illudendo?”, “sarà davvero ciò che sembra?”, “il piacere che mi dà deriva da lei, o è una proiezione delle mie illusioni?”.
Così io amo la Scienza, così non la renderò mai una religione.