Se ci fosse una gara per scegliere un trio di post di Ultrazionale da divulgare, probabilmente questo andrebbe sul podio (forse non medaglia d’oro, probabilmente d’argento).
Da almeno vent’anni rifletto sull’esistenza, la natura, la logica e la psicologia di Dio. Ho attraversato l’intera gamma delle posizioni, sempre con spirito critico e brama di conoscenza e comprensione.
Come dice la protagonista di un libro che spero un giorno sia pubblicato: “biasimo il credente e disprezzo l’ateo”. Mi considero di quella schiera che non si vuole limitare a credere (o a non credere, anch’essa una forma di credenza) solo per abitudine, tradizione, debolezza o noia, ma vuole capire, comprendere, approfondire fin tanto che la sua ragione lo permette. Troppi tra quelli coi quali ho discusso si sono dimostrati limitati esecutori di un dogma iniziale, il dogma del “è così, punto”. Il dogma acefalo di chi, semplicemente, assume una posizione religiosa (o non-religiosa) per consuetudine, per attitudine viscerale. Affermare/negare Dio dovrebbe essere sempre la conseguenza di un’analisi di tutti i punti di vista.
Riassunto delle puntate precedenti…
Sono partito da ciò che mi è stato dato, il Dio del cattolicesimo, e la sua base ebraica. Fin da piccolo trovai la storia biblica fortemente contraddittoria, almeno nelle sue caratteristiche storiche e scientifiche. Nondimeno, il fondamento “spirituale” e “morale” del cristianesimo restava saldo, coerente e accettabile. Fu solo nella tarda adolescenza che questa coerenza e “eticità” iniziò a scricchiolare. Anche qui, voglio sottolineare che non seguii la classica “critica” al cristianesimo che colpisce un adolescente su tre, che si allontana dalla religione come reazione all’apparente contraddittorietà di una fede gestita da individui poco “religiosi” (la gerarchia ecclesiastica). Mi importa poco che i preti siano o meno dei santi: la validità di una religione (o la sua debolezza) deve essere affermata in base ad una sua coerenza interna (teorica e concettuale) e non sulla consistenza morale o santità dei suoi rappresentanti terreni.
Ora mi appare chiaro come il cristianesimo sia una forma di pensiero totalitario. Esso ha tutte le caratteristiche del “pensiero unico” inculcato dai regimi dittatoriali: viene fornito fin dalla tenera età (quando si è facilmente indottrinabili, poco critici e, sopratutto, in fase di “imprinting”, quindi, plagiabili a vita), viene insegnato senza una critica interna (il cristianesimo non solo è descritto come buono e vero, ma è esso stesso la Bontà e la Verità), al più, le sue critiche sono mostrate solo come esempi del male e dell’errato (l’ateo è un essere senza morale e senza valori, l’infedele è il nemico, il pensiero scettico e critico è blasfemo), al cristianesimo viene attribuita (falsamente) una unicità e specialità assente in altri sistemi di pensiero (molti dei concetti del cristianesimo più “giusti”, come l’amore per il prossimo, la non-violenza e la carità, vengono spesso descritti come “novità” ed “unicità” di quella religione, tacendo, volutamente, che essi esistono anche nelle filosofie greche e orientali), esso viene indicato come l’unica “soluzione” o la “via” per la soluzione di problemi generali dell’uomo.
Insomma, ha tutti i caratteri dell'ideologia da Ministero della Propaganda. Ovviamente, gli indottrinati raramente si accorgono di ciò; in questo sta la potenza della Propaganda totalitaria: viene accettata così in profondità da non poter essere più messa in discussione. Anzi, criticarla genera turbamento e disagio (perché dubitarne è "peccato" e porta alla dannazione), se non reazione fanatica e violenta.
Smontato di tutta la struttura totalitaria che lo sostiene da oltre mille e settecento anni, il cristianesimo-giudaismo appare niente più che una superstizione monoteista dell'età pre-moderna, fortemente distante dal pensiero contemporaneo: una religione troppo misogina, irreale, sessuofobica, anti-scientifica, nichilista, miope, contraddittoria e risentita per soddisfare una mente matura. Difatti, essa stessa si dichiara rivolta "ai semplici ed ai fanciulli" (ai quali soltanto sarà il "Regno di Dio"): in questo si è dimostata geniale, capace di fortificarsi proprio sul suo punto debole (l'incoerenza razionale).
Tuttavia, Dio rimane. Forse non è così bacchettone e antropomorfo come lo dipinge la religione ufficiale, ma in ogni caso esiste.
Oppure no?
Qui il mio pensiero era giunto all’agnosticismo. L’esistenza di Dio non è né verificabile né negabile razionalmente. Come tendono a sottolineare sia gli atei che i credenti (rimarcando ciascuno il lato a proprio favore), non ci sono prove né che esista né che non esista. Incapace di scegliere tra due posizioni ugualmente irrazionali, conclusi che il fondamento della religione non è razionabile, ma solo accettabile o negabile in base a impulsi viscerali. Ovviamente, l’accettazione di una posizione esclusivamente su base viscerale è insoddisfacente per me: se Dio non è valutabile razionalmente, allora sono agnostico nei confronti della sua esistenza. Come ho detto altre volte, agnostico... ma asintotico ad una posizione.
Questo era il riassunto delle puntate precedenti. Il resto, nel seguito…
Fine prima parte