lunedì 10 novembre 2008

Per favore, non chiamatela “cladistica”

La frase più famosa attribuita a Dobzhansky, uno dei fautori della sintesi neodarwiniana a metà Novecento, dice che in biologia nulla ha senso se non alla luce dell’evoluzione. Ciò è ancora più vero in paleontologia, dove il tempo, la dimensione nella quale si dispiega l’evoluzione, è fondamentale. Se accettiamo che l’evoluzione darwiniana è l’origine di una discendenza con modificazioni, allora l’evoluzionismo darwiniano non è altro che lo studio e la descrizione della serie di queste modificazioni nel tempo. Se il mondo in cui viviamo fosse un paradiso darwiniano ideale, allora potremmo osservare in natura l’intera gamma delle modifiche evolutive. Purtoppo, il mondo reale non è la realizzazione dei nostri sogni, e la natura ci mostra una serie discontinua e contraddittoria di morfologie, adattamenti e funzioni. Nondimeno, noi riconosciamo l’esistenza di un ordine sottostante la cacofonia delle forme ed il caleidoscopio degli adattamenti. Tale ordine ha un nome: filogenesi. Almeno per le forme di organismi complessi a riproduzione sessuata, noi assumiamo che le specie note non si distribuiscono a caso nello “spazio dei viventi”, ma tendono a collocarsi in regioni definite sulla base di reciproche affinità. Già Linneo, padre della sistematica biologica, aveva intuito ciò. Tuttavia, Linneo sviluppò il suo sistema naturale all’interno di un paradigma creazionista e fissista: le specie erano categorie immutabili e discrete, vere e proprie caselle gerarchizzate nelle ormai arcinote categorie linneane (specie-genere-famiglia-ordine-classe-tipo). La sistematica linneana, creata un secolo prima de “l’Origine delle Specie” di Darwin, è quindi una descrizione pre-darwiniana e non-evoluzionista della biodiversità. La sua persistenza dopo Darwin probabilmente è dovuta al fatto che, almeno a livello delle sole specie viventi, il sistema Linneano (creato appunto per catalogare le forme attuali, dato che Linneo non conosceva l’esistenza dei fossili) non risulta contraddittorio. Esiste qui una sorprendente analogia con la Fisica Newtoniana (cioè quella classica): sebbene sappiamo che essa non sia “vera” ed universale come ritenuto fino all’inizio del XX secolo (in quanto non è in grado di descrivere i fenomeni alla scala atomica e a quella cosmica con la stessa precisione che hanno invece la meccanica quantistica e la relatività einsteniana) essa conserva ancora una sua validità alla nostra scala di dimensione e velocità (nella quale non è possibile rilevare le sue imperfezioni). Analogamente, la sistematica linneana persiste perché va bene per le specie attuali (che osserviamo alla nostra scala temporale, nella quale i processi macroevolutivi sono praticamente inesistenti), ma è insoddisfacente per le scale evolutive, quelle della paleontologia. Quindi, se conveniamo che l’evoluzione biologica è l’ordine sottostante la molteplicità dei viventi è evidente che il sistema di classificazione linneano creato in epoca pre-evoluzionista non può essere un criterio soddisfacente per ricostruirla. Un ulteriore difetto del sistema linneano è che esso non stabilisce una procedura standard per l’istituzione delle categorie tassonomiche: generalmente, le categorie vengono istituite sulla base di numerosi criteri, spesso vaghi e soggettivi, che non possono essere valutati con un metodo quantitativo che permetta di “misurare” l’attendibilità di eventuali ipotesi in conflitto tra loro.

Il criterio da seguire per la classificazione dei viventi dovrebbe avere due requisiti per essere valido scientificamente: 1) dovrebbe essere coerente con i suoi scopi, cioè basarsi sulla stessa dinamica che noi attribuiamo all’evoluzione, ovvero, dovrebbe fondarsi sulla comparsa di discendenza con modificazioni; 2) dovrebbe seguire un protocollo di procedure formalizzate, così che possa essere soggetto allo stesso tipo di controllo di cui sono oggetto tutte le ipotesi scientifiche.

Tale criterio esiste, ed è alla base della sistematica filogenetica, il sistema di classificazione che da alcuni decenni sta sostituendo l’obsoleta gerarchia linneana.

La sistematica filogenetica è una teoria evoluzionista matura: come tutte le teorie scientifiche essa ha dei limiti di applicazione, oltre i quali non ha senso che sia utilizzata, ha una procedura standard ripetibile da più ricercatori indipendenti tra loro, ed un criterio quantificabile di controllo e verifica: non è quindi una “scienza mistica”, difficilmente testabile, come è invece la sistematica linneana, la quale, mancando di un metodo uniforme di produzione delle ipotesi, è sempre stata appannaggio di pochi “esperti” difficilmente smentibili (quest’ultimo è il solo motivo per cui, apparentemente ed erroneamente, la sistematica linneana appare ad alcuni più “solida”: perché ha sempre avuto un’impronta “dogmatica” ed indiscutibile, non certo perché fosse più coerente con i dati).

Nell’immagine, un esempio della differenza fondamentale tra ipotesi evolutive basate su un approccio linneano e quelle basate sulla sistematica filogenetica: entrambi i diagrammi rappresentano la stessa filogenesi, ed esprimono lo stesso concetto (la natura monofiletica dei dinosauri all’interno degli arcosauri), pertanto, non è il risultato che le distingue. La differenza sostanziale è data dal metodo. Il diagramma di Bakker & Galton (1974) propone alcuni gruppi la cui natura monofiletica non è chiara, né viene testata (“Thecodonts”, “Ornithopods”, “prosauropods”), inoltre, non è specificato quale grado di “robustezza” caratterizzi i vari raggruppamenti, né viene fornita una descrizione dettagliata dei caratteri utilizzati (il testo descrive sommariamente alcuni caratteri a sostegno dell’ipotesi, ma non mostra l’intera serie delle evidenze). Il diagramma di Benton (1999) propone la stessa filogenesi, ma nella quale tutti i gruppi inclusi sono strettamente monofiletici (i gruppi “ambigui” come i “tecodonti” sono stati suddivisi in sottogruppi distinti chiaramente monofiletici), tutti i caratteri inclusi vengono descritti nell’articolo e mappati (nella matrice in basso) così da permettere a chiunque di controllarli, e nell’albero vengono evidenziati i gradi di “robustezza” dei gruppi ottenuti (i numeri vicino ai nodi sono % di frequenza nei test di controllo che esprimono proprio tale “robustezza”). Inoltre, viene esplicitato su quali basi alcuni caratteri siano significativi (perché apomorfici) oppure no (perché plesiomorfici).

Cosa implicano queste differenze di approccio? L’albero di Bakker & Galton non è testabile da eventuali critici: data la sua impostazione, esso può solo essere “accettato o rifiutato” senza discussione (ovvero, lo si accetta/rifiuta solo in base alla fiducia/sfiducia nell’autorità di Bakker & Galton). L’albero di Benton è invece testabile da eventuali critici: i caratteri citati nella matrice possono essere controllati (sui fossili citati), la matrice può essere ripetuta e ri-analizzata più volte separatamente, le eventuali ambiguità nelle distribuzioni dei caratteri possono essere individuate e corrette: tale ipotesi è quindi accessibile ai ricercatori, i quali non l’accettano/rifiutano in base all’autorità di chi la propone, ma in base ai dati, ai metodi proposti ed ai risultati quantificabili.

Ripeto: non sono gli eventuali risultati a fare la differenza tra metodo linneano e filogenetico (infatti, nell’esempio i due diagrammi sostengono la stessa idea, cioè la monofilia di Dinosauria), ma i metodi usati. Ovvero, la metodica della sistematica filogenetica, fornendo ipotesi ripetibili e quantificabili, è molto più scientifica della linneana.

Per chiudere, se potete, evitate di chiamarla “cladistica”: termine erroneo e riduttivo nei confronti di una metodologia sistematica multidisciplinare, che non si limita (come invece pensano erroneamente alcuni critici) a costruire cladogrammi.

Bibliografia:

Bakker & Galton, 1974 - Dinosauri Monophyly and a New Class of Vertebrate. Nature, 248: 168-172.

Benton, 1999 - Scleromochlus taylori and the origins of pterosaurs and dinosaurs. Phylosophical Transactions of the Royal Society of London, 354: 1423-1446.

1 commento:

  1. Grande!!!

    Gli anti-sistematici filogenetici sono solo dei figli del demonio e perdipiù parafiletici (fonte: Sardalf l'Appenninico)

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