venerdì 17 agosto 2012

Vilipendio e ipocrisia

Non capisco il senso del reato di "vilipendio alla religione", almeno in un paese a maggioranza cristiana come è, ufficialmente, l'Italia.
Il fondatore del cristianesimo fu, per chi crede nella verità dei vangeli, inchiodato ad una croce. In quell'evento di atroce brutalità, il racconto evangelico ci descrive il condannato a morte che perdona i suoi aguzzini perché non sanno quello che stanno facendo. 
Essi lo stanno uccidendo, egli li perdona.
Ovvero, il fondatore del cristianesimo insegna che al torto subito, per quanto atroce e feroce, sopratutto a livello fisico, si deve rispondere col perdono.
Il reato di "vilipendio alla religione" è nato perché qualcuno si è sentito offeso dalle parole/scritti/immagini di altri, e in risarcimento chiede che il "colpevole" paghi per il torto che l'offeso ritiene che la sua religione abbia subito.
Una religione subisce torti? Forse è un modo ipocrita per dire che l'offeso stesso si sente vittima di un torto. Un torto di che tipo? Parole o immagini che egli reputa "offensive". In breve, tutto sta alla suscettibilità personale e soggettiva della persona che si ritiene offesa. Ma, quale criterio dovrebbe guidare l'offeso? Ad esempio, la sua morale, e quindi la sua religione. Ma cosa gli insegna la sua religione? A perdonare le offese subite. Così insegnò colui che fondò quella religione. 

Riassumendo: il reato di "vilipendio alla religione" nasce da qualche cristiano che pretende un risarcimento perché altri hanno solamente manifestato scarso rispetto per la sua religione. Il vilipendio è quasi sempre espresso in parole o scritte o immagini, mai in atti fisici verso le persone.

Paragonato al torto subito dal fondatore del cristianesimo, stando al racconto evangelico (inchiodato fino alla morte per agonia), il vilipendio è poco più che un lezzo di letame portato dal vento di campagna, rispetto ad una tromba d'aria che abbatte una casa.
Se colui che fu inchiodato vivo ha perdonato i suoi carnefici, a maggior ragione avrà sorvolato sulle loro volgari parole, perdonandole. Cosa sono parolacce, insulti o scritte ingiuriose se comparate all'inchiodare un corpo vivo ad una croce, lasciandolo dissanguare e morire nell'agonia più dolorosa possibile?

Ovvero, il vilipendio alla religione non esisterebbe per colui che ha fondato tale religione. Sarebbe un comportamento miserrimo rispetto al senso del messaggio che egli volle diffondere (sempre stando ai vangeli).

Ergo, il vero vilipendio alla religione non sta nelle bestemmie di chi offenderebbe un credo, ma in colui che si sente offeso da quelle manifestazioni "offensive", che invece di perdonare il suo nemico, rinnega - quindi compie apostasia - l'insegnamento di colui che è la radice prima di quella religione "offesa".

Nessun commento:

Posta un commento

-I COMMENTI ANONIMI SARANNO ELIMINATI