giovedì 7 giugno 2007

"No future for you!"

Qualunque interpretazione politica o moralista di questo post è una forzatura del lettore.
Tenetevi forte, voi che amate la comodità della Vita Pianificata: il futuro non esiste!
Eppure, quasi tutti noi ci comportiamo come se esso esistesse, e ci rapportiamo costantemente con lui. Spesso dimentichiamo che esiste solo il presente, che il passato è solo una parte del presente (ovvero l’insieme delle informazioni che noi interpretiamo come tracce del passato) mentre il futuro esiste SOLO come proiezioni, estrapolazioni e speranze di pensieri presenti.
Quanto spesso si parla del futuro come di un qualcosa che È! Ad esempio, con frasi:
“Il 12 giugno avrò l’esame”.
“Il 2 luglio mi scade la rata”.
“Nel 2100 l’effetto serra avrà sciolto la Groenlandia”.
“Tra cinque miliardi di anni il sole morirà”.

In realtà, queste frasi (ed il futuro che presuppongono) sono metafore. Volendo dirle in maniera meno stringata, esse andrebbero interpretate come:
“Mi sono registrato per un appello datato al 12 giugno”.
“Ho una rata la cui scadenza è stata fissata al giorno 2 luglio 2007”.
“Un modello climatico (basato su x dati passati) ha una funzione che alla variabile tempo = anno 2100 produce un certo risultato”.
“In base a certi modelli astrofisici, le stelle di tipo G hanno una vita media di 10 miliardi di anni. Il sole è una stella di tipo G e stimiamo che abbia già 5 miliardi di anni”.

Ok, i miei detrattori diranno che questa è un’inutile e tendenziosa polemica puramente linguistica, e rimarcheranno il fatto che essi hanno sempre saputo che il futuro è una metafora.
Balle!
Il futuro è dogmaticamente ed acriticamente reale per la stragrande maggioranza dell’umanità, e sfido qualcuno dei miei lettori a dire che non l’ha mai dubitato. Anzi, si potrebbe dire che la credenza nell’esistenza reale del futuro è una caratteristica tipicamente umana, forse una delle sue prerogative, uno di quei caratteri psicologici che ne hanno permesso il successo. Come tutte le credenze, la fede nell’esistenza concreta del futuro agisce come forte motivatore e catalizzatore delle azioni. Credere nel futuro (così come nel fato-già-scritto, nel destino) è uno dei più tenaci programmi interpretativi umani, difficilmente estirpabile. Da qui nasce il successo che riscuotono oroscopi, amuleti, sensistivi, sondaggisti, esperti di tendenze, pianificatori e utopisti vari.
Sia chiaro: anch’io ritengo che il tempo scorra, ma con questo non credo che esista un qualcosa di “già esistente” com’è il futuro per la maggioranza dei miei conspecifici (non solo di una realtà che è già scritta, ma anche che può essere indotta o pianificata/prevista a tavolino prima ancora che accada).
Da cosa baso l’idea che molti(ssimi) ritengano il futuro “già presente” (qui il paradosso linguistico è palese)? Da frasi abusatissime con le quali si parla abitualmente, e che implicano la convinzione che il futuro sia un essere reale e determinabile nel dettaglio, perché predeterminato e stabilito (da chi?):
“Quella ragazza è in età da marito” (Ovvero, ad una certa età ci si deve sposare).
“Non ci sono più le mezze stagioni” (Ovvero, “da che mondo è mondo” dopo l’inverno / estate deve arrivare la primavera / autunno).
“Poveretto, è morto così giovane!” (Ovvero, è normale / giusto / previsto morire di vecchiaia).
“Se non ti diplomi con 100, te la scordi l’università!” (Ovvero, la vita è una serie di tappe prestabilite, e tuo dovere è di attraversarle tutte).

Da questa serie di frasi, appare evidente come il futuro sia fondamentalmente un subdolo surrogato del DOVERE, cioè di un programma volto all’indottrinamento ed alla normalizzazione delle diverse tendenze individuali. Il ragionamento è il seguente: se (facciamo credere che) esiste IL FUTURO, esso è (necessariamente creduto come) UNO ed UNO SOLO. Di conseguenza: esiste (e deve esistere) un solo modo di vivere, cioè quello che si conforma all’unico futuro (imposto).
Ovviamente, per noi ultrazionali, amanti della contingenza, dell’imprevedibilità e della critica dell’ovvietà, esistono tanti futuri quanti sono gli elettroni dell’universo...
Qui sotto, un tipo di “futuro” che non viene mai pensato, probabilmente perché è così distante dalle nostre esigenze immediate da risultare letteralmente inconcepibile.
“Se estrapolassimo le dinamiche passate dei nostri modelli tettonici per 30 milioni di anni, ecco cosa potremmo visualizzare:”.

2 commenti:

  1. Sottigliezze linguistiche a parte, è vero che comunemente si immagina il proprio futuro (cioè gli avvenimenti del tempo che deve ancora venire)come sequenza di fatti più o meno rispettante un modello comune alla maggior parte delle persone.
    Questo porta alle classiche aspettative che a scadenze più o meno fisse invadono la nostra (la vostra) mente creando sensi di colpa o frustrazione se tali "inevitabili fatti" non si realizzano.
    Per quanti avessero visto il film "Terminator", ricordo una scena finale in cui la co-protagonista prende coscienza della totale inesistenza del futuro come serie di fatti inevitabili (cinematograficamente rappresentato dal passaggio ad una strada priva di segnaletica orizzontale). Ebbene, in un film dal finale Ultrazionale, in seguito ad una simile presa di coscienza, il personaggio avrebbe dovuto immediatamente il proprio intento di cambiare il futuro, perchè ha appena capito che il futuro non esiste...ma il film è fatto per "credenti dell'avvenire" e non ha il minimo intento di smontare un mito come il Destino, cioè il film non è Ultrazionale.
    Da parte mia il finale sarebbe stato ancora diverso, ovvero un grande aereo che precipita sui protagonisti e scena finale con grande palla di fuoco...
    Film a parte, cito come personale prova dell'inesistenza del futuro, la mia frase "a Luglio mi laureerò"; a qualche mese di distanza il futuro è già cambiato e la frase è diventata "a Novembre (forse) mi laureerò"...ma vallo a spiegare ai miei che il futuro non esiste... c

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  2. Prova a dire loro così:
    "L'appello di luglio non contiene più il mio nome".
    A parte le castronate, è indubbio che, in teoria, la continuazione di uno stadio psico-ontogenetico chiamato "Università" presuppone (ma non impone) il suo completamento: tecnicamente, è sulla tacita assunzione di tale programma che la tua generazione parentale presuppone che esista una fantomatica "sessione di laurea con Clastu".
    Il lato fiscale del Demiurgo

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