In questi sei mesi, è accaduto tanto di nuovo e non è accaduto nulla di nuovo. Variazione sul tema, potrei dire. Eterno ritorno dell'Uguale, parrebbe suggerire il volto baffuto che sfila dallo scaffale. Non so. Un'asimmetrica simmetria, vorrei dire. Putroppo, sei mesi sono sufficienti ad una simmetria per apparire fugace e poi frantumarsi. Visceralità, ripete la parte più solitaria di me. Quella arroccata sulle cime più gelide, e si compiace della prevedibile incapacità della parte profonda di sradicarsi dal suo substrato viscoso. Molle viscosità. Le vette sono fredde, pungono e stridono, la solitudine assordante. Eterno ritorno dell'uguale, variazione sul tema. Purtroppo, è così. "Purtroppo": termine che denota rammarico, delusione, aspettative disilluse. L'errore e fonte di dolore è proprio l'aspettativa. Ogni volta ricado in conclusioni buddhiste, in ricette di distacco che, in un'ottica matura, puzzano di ennesima illusione. Non è possibile scindere la natura duale, viscero-razionale, che fonda la nostra meravigliosa schizofrenia. Separare le parti equivale a morire. Amputare le membra equivale ad agonizzare in un angolo. Non si esce dal paradosso. Ed è qui che l'essere ultrazionale si riscatta (liberandosi ma anche pagando un riscatto)! Non con la fuga narcotica del rancore, non con la fuga ipocrita dell'ascesi. Ridere e deridersi, lanciarsi alla cieca su per le ripide vette, finché il gelo più feroce non ci impedirà di andare Oltre. Quel punto, non la Vetta, ma il mio Limite, sarà il rifugio, provvisorio, in attesa di una nuova caduta.
Siamo pendoli, oscillanti.
L'urto violento è solo il preludio di una futura ricaduta.
L'allusione immediata è un'illusione mediata. Idem per l'ultima riga, la più (C)autoreferente.
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