Da ieri, uno dei miei più cari amici non c'è più.
Io e Giovanni ci conoscevamo dai tempi del liceo, da quasi venti anni, ed anche dopo il diploma, pur seguendo ognuno la propria strada, abbiamo sempre mantenuto i contatti. Come tutte le mie amicizie più profonde, anche quella con Giò era basata più su momenti che su frequentazioni costanti. Come tutti i miei più cari amici, in Giovanni c'era un mix di grandi similitudini e grandi differenze con me. Eravamo simili nel senso etico delle cose, anche se molto diversi nel carattere. Di Giovanni apprezzavo i valori, in parte simili ai miei. So che per lui io ero troppo "freddo", poco "spirituale", era qualcosa che, più o meno direttamente, mi criticava. Temo che dal suo punto di vista, io fossi troppo "scientista", sebbene dal mio io mi senta molto spirituale. Mi piaceva parlare con lui, confrontarmi e scontrarmi. Pur nelle differenze di vedute, sentivo grande stima reciproca.
A Giò devo le mie (limitate) raccolte di musica Metal. Il primo brano Metal che ho ascoltato nella mia vita fu The Power of Thy Sword, dei Manowar. L'ascoltai dal walkman di Giovanni (erano i primi anni '90, quella era la tecnologia del tempo), mentre a teatro fingevamo col resto della classe di seguire Il Fu Mattia Pascal.
Che Giò avesse una grande forza di carattere l'ho capito definitivamente con la malattia che l'ha portato via. Per cinque anni ha combattuto contro un linfoma. Non ha mai perso l'ironia e la voglia di vivere. Anche in momenti molto dolorosi della cura, non ha mai ceduto all'autocommiserazione.
L'ultima volta che ci siamo visti, dopo una cena assieme ad altri amici, mi parlò di cosa più temesse della malattia. Il suo pensiero andava alle persone che lo amavano, che più avrebbero sofferto per la sua eventuale scomparsa.
Ancora non riesco completamente a comprendere che non c'è più.
Io non ho il senso della giustizia divina, né credo in un'aldilà, in un'esistenza che trascenda il corpo. Non potrò quindi addolcire il dolore con l'illusione di un'anima immortale.
Eppure, sento che qualcosa rimane, che la morte non annienta ogni cosa. Il ricordo dei momenti vissuti assieme, le parole e le azioni di Giovanni che hanno inciso ed influito sulla mia esistenza e su quella di altre persone, queste sono realtà che esistono e persitono. Anche se la persona ci abbandona, le sue azioni persistono in noi che lo abbiamo amato e che continuiamo a ricordarlo.
Non voglio che sia una consolazione, né un surrogato di anima. Non mi serve come illusione. Da molto tempo ho smesso di dare valore a quei concetti, e non potrei tornare indietro, illudermi che esista un senso trascendente, solo per lenire il dolore di una grande perdita.
Al tempo stesso, so che qualcosa di importante di Giò vive nel cuore e nella mente di tutti noi che lo amavamo, lo stimavamo e lo consideravamo parte delle nostre vite. Esse sono come gocce della sua anima che si sono unite alle nostre, e che persistono in noi.
Non ti dimenticherò, Amico mio.