Il più grande disastro che la religione ha prodotto è stato la separazione della fede dalla verità. La verità originariamente era la corrispondenza con i fatti. Dire la verità era dire qualcosa che corrispondesse ai fatti. Corrispondere ai fatti significa portare delle prove, avere delle dimostrazioni concrete e tangibili di ciò che si afferma, oggetti distinti e slegati dalle parole, ma che servono a dare concretezza a quelle parole.
La religione ha inventato la fede, ovvero, la "verità" senza prove, la parola che (si pretende) sarebbe concreta anche senza prove. Non occorre una prova per dio, basta credere in lui. Non occorre che esista "il peccato", basta che uno creda di essere un peccatore, e peccatore sarà. Anzi, beati coloro che, a differenza del Tommaso citato nei vangeli, credono senza alcuna prova a favore di tale credenza. Il credulone, l'ingenuo, colui che crede ad una frase anche se essa non ha alcuna prova a suo favore, è diventato un eroe, un santo, un beato, un eletto. In realtà, egli è e resta un ingenuo, un credulone, un illuso, un semplice e passivo schiavo delle parole altrui. Egli è una pecora mansueta, sottomessa, pronta alla mattanza.
Il peccato non esiste, così come esiste una "colpa" che ci marchierebbe in quanto uomini. Esistono i fatti, con le loro cause e le loro conseguenze, tutti tangibili, tutti ricercabili e analizzabili. Se una causa non ha alcuna prova, essa non esiste. Credere a qualcosa solo perché è stato pronunciato da qualcuno, è segno di stupidità, ingenuità: è il pensiero delle menti sottomesse, la morale dello schiavo, privo di indipendenza.
Il più grande crimine di queste religioni è aver svuotato la mente di molti esseri umani, riempiendola di attese per un aldilà privo di qualuque prova. Non esiste prova di "giudizi finali", "apocalissi", "redenzioni" o "salvezze". L'unica vita concreta è quella che stiamo vivendo, ed è quella che dobbiamo lodare e beatificare. La religione invece disprezza la vita, relegandola a "banco di prova" che ha valore solo se permette di "guadagnare punti" per un aldilà totalmente privo di evidenza e di prove. Così facendo, la religione ha reso la vita una gara per dimostrare ad un fantomatico arbitro un merito per accedere ad un mondo inesistente. Il paradosso, inoltre, è stato che, nella maggioranza dei casi, tutto ciò che dà valore alla vita, e che permette di elevare la nostra condizione umana (il piacere, il sesso, l'orgoglio, l'ambizione, il dubbio e la curiosità) sono stati infangati e ridotti a "peccato", "colpa" e disvalore negativo che allontanerebbe dalla "verità" promessa. Tutto questo produce le vite bigotte, meschine, represse, ottuse e fanatiche, perché profondamente ignoranti, tipiche dei religiosi, degli agnelli devoti negli autoproclamati "greggi degli eletti", mandrie di persone incapaci di pensare autonomamente, che preferiscono morire invece che pensare, che rispettano precetti irrazionali ed ottusi invece che la logica e l'evidenza, che santificano la superstizione delle parole e rinnegano i fatti tangibili.
Noi scettici invece non ci pieghiamo alle parole: vogliamo i fatti; non ci sottomettiamo alle "sacre scritture", perché esse non sono "sacre". Esse sono false, subdole, fumose ed ipocrite. Proclamano una verità, ma non portano alcuna prova a sostegno delle loro affermazioni. Noi pretendiamo una prova, un'evidenza, senza la quale le parole sono solo aria articolata dalla bocca.
Quante volte, nei secoli, gli ingenui sono stati sottomessi alle promesse dell'imminente venuta del "Salvatore"? Eppure, ogni volta, tale promessa è stata smentita. La "Parola di Dio" proclamava l'arrivo di qualcuno, ma quel qualcuno NON è mai arrivato. La "verità" era quindi una menzogna, una promessa falsa, una favola. Su quali basi qualcuno può proclamare eventi futuri, se questi stessi eventi non hanno alcuna evidenza attuale in loro favore? Qual'è la verità e la saggezza di libri scritti millenni fa, da pastori e beduini, rozzi contadini di una civiltà appena più complessa del Neolitico? Perché mai il presunto creatore dell'Universo si sarebbe manifestato solamente a una banda di allevatori di capre, interessati solo a combattere tra loro per qualche oasi, a rubarsi le capre a vicenda, a rapire donne e a incendiare villaggi? Come si può credere che le rozze superstizioni di un popolo mediorientale (e le favole create in seguito da quelle superstizioni) abbiano un valore di verità più forte di qualsiasi altra favola creata nel passato? Dov'è la verità superiore delle "sacre scritture" rispetto all'epica egizia, greca e nordica, alle raffinate mitologie tibetane, indiane, cinesi, alla superba capacità di previsione astronomica delle spietate culture americane? Non c'è, perché sono tutte sullo stesso piano: sono tutte leggende e racconti creati da popoli privi di un metodo oggettivo di indagine sul mondo che li circondava. Ciò non implica che noi, oggi, dotati di metodo oggettivo, arriveremo "ad una verità": ma, sicuramente, abbiamo un metodo che ci permette di riconoscere quando (spesso) ci siamo sbagliati. In questo solamente sta la superiorità della scienza sulla religione: la prima scopre quando commette errori (perché deve sempre far riferimento ai fatti), la seconda si autoproclama priva di errore (perché rinnega e disprezza i fatti).
Diffidate da chi proclama di avere "la parola di Dio". Egli è un ciarlatano, un bugiardo, oppure, nella migliore delle ipotesi, un povero ingenuo, egli stesso ammaliato ed illuso da qualcuno che lo ha plagiato quando era nell'età giovanile, quando è automatico ed istintivo assimilare acriticamente.
L'uomo vive sulla Terra, non nel cielo. La Terra, lo dice il nome, va calcata e scavata, va esplorata e vissuta. Le risposte alle domande non stanno nelle parole, aeree come il cielo, ma nei fatti, concreti come la terra.
E se non siete convinti dalle mie parole: benissimo! Cercate le risposte nei fatti, indagate con le vostre mani, il vostro cervello, non con quello dei preti, dei profeti, dei ministri del culto, dei sacerdoti e dei santi.
Significa che siete sulla strada giusta.
Ci sto!
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